Splendido davvero, questo L’ingenuità delle opere fallite, quarto romanzo di Hugues Pagan uscito per la Meridiano Zero, che si conferma nell’ottimo livello delle sue pubblicazioni. Pagan rende omaggio alla grande tradizione del noir americano – Chandler in primo luogo – con un’opera dal meccanismo investigativo e letterario molto accurato. Meyers, un pezzo grosso della mala, viene trovato assassinato: la ricerca del colpevole per l’ispettore capo Schneider e la sua squadra è una complicata corsa contro il tempo, prima che i molti interessi in gioco facciano sottrarre loro l’incarico. Con  questo romanzo, Pagan raggiunge una maturità stilistica che gli permette di prendere le figure tradizionali del noir e rileggerle secondo una lettura malinconica e struggente, dove i personaggi giocano il loro ruolo con la consapevolezza di ciò che avrebbe potuto essere e che non sarà mai. Il romanzo diviene così il racconto di anime perse in una città crepuscolare, autunnale, in primo luogo per Schneider, l’uomo con gli occhi da lupo per il quale scoprire il colpevole di questo delitto è anche la ricerca di un senso alla deriva della propria esistenza. Rispetto agli altri romanzi Pagan, trova qui una cifra stilistica più sottile, sommessa: c’è una sorta di dolcezza che permea il racconto, quasi a mitigare l’inevitabilità della deriva dei suoi  protagonisti. L’ambientazione molto “francese”, è tratteggiata con brevi descrizioni, aggettivi, fotogrammi: gli abiti da femme fatale, i cardigan sformati, una maniera particolare di accendere le Camel, l’omaggio a Humphrey Bogart nei trench bagnati dalla insistente pioggia della Città, tutto ciò fa sì che il lettore possa creare un proprio film immaginario la cui ambientazione solidamente europea premette di attingere a un immaginario molto più abituale, creando una sensazione di familiarità con i luoghi, i personaggi, i loro gesti quotidiani molto più che le atmosfere metropolitane d’oltre oceano. La colonna sonora di questo ipotetico film è come sempre impeccabile: Pagan, come nei precedenti romanzi, rende omaggio al jazz e al blues richiamando i gradi pezzi di Miles Davis, Ray Charles, Bill Evans, sottofondo necessario allo svolgersi della storia.Forse, per questo suo stile crepuscolare, L’ingenuità delle opere fallite sarebbe una compagnia perfetta per una serata piovigginosa d’autunno, in sottofondo un cd di Miles Davis e un bicchiere di rosso a completamento. Per molti aspetti un romanzo da lupi solitari, per chi ama i lati oscuri, i dubbi, le incertezze. “E per il bilancio finale, l’unica innocenza è l’ingenuità delle opere fallite".