Tutto quello che si è incominciato si deve portare a termine…

Operazione Atlanta di Hugues Pagan, Meridiano Zero 2010.

Lo dico subito. Certi libri della Merdidiano Zero andrebbero acquistati non fosse altro che per le copertine (strepitose). Per cui, quando ho adocchiato il sopraccitato in una delle solite librerie di Siena, visto e preso.

In breve. A Parigi il commissario Château deve catturare, vivo o morto, Berg, ex terrorista, schedato tra i grandi criminali con la collaborazione del detective Milard e di Mauber, un passato nei Corpi Speciali, il più adatto a contattare il Boss (ad un certo punto gioca interminabili partite a scacchi da solo. Mia fissazione…). Altri “interpreti” di rilievo Giraud che si tira dietro “la sua disperazione come si porta a spasso un bambino”; l’ispettore capo Eliane Forrester (colleziona revolver e pistole), corpo muscoloso, capelli corti, occhi chiari, innamorata di Mingus e in contrasto con il suo superiore Janko whisky a go-go, entrato nella storia per l’istinto del cacciatore.

Al centro della vicenda soprattutto Milard, ormai malato terminale che ha perso il gusto di “capire, smontare e rimontare i piccoli meccanismi dell’animo umano”, ma anche gli altri “attori” hanno la loro parte rilevante.

Scrittura scarna, essenziale che fila dentro gli animi e le cose. Squarci di vita della città, pedinamenti, inseguimenti, lotta, sparatorie, morti ammazzati, astuzie, tranelli, colpi di scena (Ma Berg c’è o non c’è?), tristezze, ricordi, delusioni, brutalità e sesso. E amore. L’istinto dell’amore.

Una specie di velo opaco che cala sulle vite, perfino sulla natura con gli “alberi spogli e immobili, i rami scheletrici e quasi patetici, che si protendevano inutilmente verso il cielo grigio”. E un brivido di tristezza ci coglie nel momento stesso in cui riaffiora la frase fissa e monotona di Milard “Tutto quello che si è incominciato si deve portare a termine”.