I non più giovani lettori si ricorderanno di Furio Scarpelli (1919-2010) come sceneggiatore di capolavori del cinema come I soliti ignoti, L’armata Brancaleone, La Grande guerra di Monicelli, e C’eravamo tanto amati di Scola. Scarpelli nacque come disegnatore satirico, caricaturista e vignettista nella redazione del periodico Marc’Aurelio. Nella postfazione al romanzo, il figlio Giacomo Scarpelli illustra come nascevano le opere di narrativa del padre. “Alcune … sono l’espansione letteraria di “trattamenti” scritti su committenza, per progetti di film, altre sono nate sostanzialmente come tali e poi sono state prese in considerazione in vista di un film.” (pp. 154,155). “Cuore di mafioso” appartiene al secondo tipo.
La vicenda si svolge nel catanese negli anni 1993-94, quando la mafia stava sostituendo le dimostrazioni con le armi con la penetrazione nei gangli nella realtà economica, sociale e politica delle regioni del nord. Tutto inizia con uno scambio fortuito di persona. La moto su cui viaggiano insieme il vicecommissario della DIA Bandini, destinato alla procura di Catania, e il rampollo di una famiglia mafiosa Sparaciano, cresciuto a Milano e richiamato dalla Famiglia per prenderne le redini e cambiare volto alla mafia, slitta sull’asfalto e i passeggeri vengono catapultati in un dirupo. Il vicecommissario Bandini viene raccolto e curato dalla famiglia Sparaciano che pensa sia il giovane rampollo. Del vero giovane Sparaciano non si saprà più niente. Altro non si può rivelare, salvo che la trama, caratterizzata da suspense mista a ironia, scorre con sequenze cinematografiche fino alla catarsi finale. Nei dialoghi che caratterizzano i vari personaggi, si avverte la mano sapiente di chi è avvezzo a inventare storie e personaggi partendo dalla realtà del momento in cui furono scritte. In coda al volumetto, otto fra schizzi e disegni dei protagonisti creati dalla penna di Furio Scarpelli.













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