Quando nomi come Cocincina, Siam, Laos, Indocina Francese suggerivano sia il fascino misterioso dell’oriente che il dominio coloniale francese nel sud est asiatico, André Malraux pubblicò questo breve romanzo di ottima struttura.

Claude Vannec – giovane spiantato e appassionato di archeologia – e Perken – avventuriero danese, probabilmente agente segreto per conto del governo di Bangkok – si conoscono per caso sul piroscafo che da Marsiglia viaggia verso l’estremo oriente, e decidono di intraprendere una lucrativa e rischiosissima avventura: seguire la Via dei Re sino alle provincie più occidentali delle regioni khmer alla ricerca di antichi templi non ancora scoperti per rubarne i bassorilievi da rivendere sul mercato europeo.

Perché rileggere a distanza di tanto tempo questo vecchio romanzo di avventura? Perché in realtà più che un romanzo sull’avventura, la Via dei re è un romanzo sull’avventuriero e le sue ragioni: nei tratti del duro Perken si trovano tutte le caratteristiche, i lati oscuri, le motivazioni a spingere sempre un po’ più un là la propria esistenza che ancora oggi costituiscono la struttura portante dei personaggi di tanta letteratura che – per convenzione letteraria e non per banalizzazione – si può definire di spionaggio.

Perken è un personaggio straordinario: accetta sì di seguire il giovane Claude nella sua avventura per denaro, ma ciò che vorrebbe realizzare non è l’agio borghese bensì la costruzione di un proprio esercito e di una insurrezione e di questa non interessa tanto la conquista del potere quanto l’idea della lotta in sé.

In Perken due sono i temi dominanti: la morte e l’erotismo, ma attenzione, in alcun modo la morte è desiderio di morte e l’erotismo non ha nulla a che fare con l’amore.

Perken sfida continuamente la morte perché solo l’idea di questa stabilisce un parametro per l’intensità della propria vita: ciò che egli teme, in effetti, è l’idea del decadimento, l’umiliazione dell’uomo braccato dal proprio destino.

“Così violenta era l’esaltazione di giocarsi più della sua morte, e questa diventava a tal punto la sua rivincita contro l’universo, la sua liberazione dallo stato umano, che sentì di lottare contro una pazzia affascinante, una sorta di illuminazione”

Così pure l’erotismo di cui il romanzo è pervaso è per Perken “il bisogno di arrivare fino al limite dei propri nervi”: non è sprezzo per la donna, comunque, bensì una via per la ricerca esasperata di una motivazione. È una ricerca nella quale è essenziale che la donna sia semplicemente l’altro sesso, una via per conoscere il limite individuale.

La figura di Perken, come di molti altri avventurieri che verranno dopo, è la figura di un apolide: non in quanto privo di nazionalità, quanto piuttosto come di un uomo privo di appartenenza alla nazione umana così come le convenzioni correnti lo vorrebbero. La sua non è la ricerca della “bella morte” – idea che, in quei primi decenni del secolo, cominciava a esaltare i movimenti culturali e politici – ne è casomai la negazione. E nel finale, straordinariamente intenso, Perken in un certo senso vincerà la sua battaglia.

Il romanzo si basa in larga parte sulla vicenda personale di Malraux, che seppe -avendolo vissuto - trasmettere il fascino dell’oriente, la sauvagerie, l’indolente e impenetrabile erotismo, il sentore di oppio e l’umidità che corrode i volti insondabili delle statue celate dalla giungla.

Il lettore potrà facilmente trovare gli echi di altri scrittori – Conrad in primis – e ritrovare l’atmosfera di quegli anni venti così affascinanti. La biografia stessa di André Malraux meriterebbe di essere letta in chiave romanzata: le vicende riprese nella Voie Royale costituiscono solo l’inizio della storia di un uomo che combatté poi in Spagna con i Repubblicani, in Francia orientale contro l’occupazione e che divenne persino ministro di De Gaulle. Un uomo che fu mitomane, un po’ cialtrone, che si servì della letteratura per dar sfogo alla sua immaginazione epica e per correggere quella inadeguatezza della vita vera rispetto alla vita sognata.

Non un grande scrittore forse, un bugiardo e un ciarlatano probabilmente: però quel desiderio di rendere meno mediocre l’esistenza, quel sconfiggere la morte rendendo la vita mito, non può che suscitare fascino e istintiva complicità.