Ancora una volta nella mischia, dove urlano le spade e s’aggrovigliano gorghi di sangue. Il Demone, capitolo conclusivo della trilogia di Magdeburg di Alan D. Altieri ci offre numerosi spunti per sottolineare l’abilità dell’autore nel rendere sulla pagina scritta l’azione nella sua declinazione più fosca e anche di passare informazioni storico tecniche al lettore senza fargliele “pesare”, qualità essenziale per un romanziere d’avventura.

Scelgo la sequenza dell’attacco anfibio perché forse più di ogni altra si presta a considerazioni interessanti per il lettore.

Innanzitutto lo stile. Ancor più sincopato, secco. Adatto a trasmettere sensazioni non solo visive.

Nella sequenza in cui l’Eretico e i suoi Reiter attraversano il fiume a nuoto la prosa si fa convulsa. Frasi spezzate, ritmo frantumato. Un alternarsi di presente e passato remoto. Si sente il gelo delle acque, l’ansare del respiro, il timore di sentirsi trascinare a fondo dagli abiti zuppi, dal peso delle armi.

La determinazione - o forse la follia del protagonista - diventa contagiosa per chi legge.

A me ha dato l’impressione di una sequenza filmata con la tecnica di rallentato-accelerato che si vede, per citare un esempio, nelle scene di battaglia di 300 di Zack Snyder.

Pappenheimer
Pappenheimer
Ricordo che se la scrittura costa sempre meno della pellicola, si tratta di linguaggi differenti e ci vuole davvero una gran tecnica per trovare le parole giuste, il concatenamento di frasi, di dialoghi e trasmettere sulla pagina un’emozione che sullo schermo liquidiamo quasi come normale per il solo fatto di vederla.

Poi si passa, come dice Sergio… alla roba dura… l’abbordaggio, il duello tra la Pappenheimer e le due spade ibride, le shinobigatana, usate dall’Eretico.

E, anche qui, Altieri ha svolto un peculiare lavoro di documentazione.

Prima di tutto l’Eretico ha forgiato per sé e i suoi uomini degli Shuko, che, nella mitologia ninja, sono gli artigli di tigre. Manopole uncinate usate dai ninja - ancora una volta sembra evidente che la scuola di appartenenza da cui viene il Mu-mei, l’Eretico sia il Kattori Shinto -  per scalare mura, alberi e, in questo caso, murate di navi. Utensili ma anche armi capaci di lasciare sfregi terribili.

Ma, di fronte a una spada classica europea come la Pappenheimer, l’Eretico ha forgiato due wakizashi (la spada  di dimensioni più ridotte della coppia dai-sho, lungo e corto, usata abitualmente dai samurai) modello shinobi. Ossia due lame diritte con la coccia quadrangolare. Fin qui nulla di nuovo, potrebbero obiettare gli esperti. Ma di solito i ninja usavano questo genere di arma a due mani, quindi una per volta, in luoghi ristretti dove una katana lunga più di un metro poteva risultare inutile.

Il Ken Jitsu non prevedeva l’uso di due spade alla volta come la scherma occidentale. In Europa era abituale usare la spada diritta con la destra e lo stocco - o Misericordia - con la sinistra.

In Giappone l’unica scuola che prevedeva l’impiego di due lame era la Ni-ten ryu, fondata da  Musashi che però utilizzava katana e wakizashi insieme.

L’Eretico, e Altieri lo sottolinea, si serve delle due  shinobigatane ibride secondo la tecnica non convenzionale della sua scuola ninja.

Alan D. Altieri
Alan D. Altieri
Una tecnica ibrida che, in questo caso, fa ricorso agli angoli di attacco, ai volteggi e alle linee di penetrazione dell’Escrima o Kali, arte marziale armata delle Filippine.

Una scuola, o meglio un insieme di scuole sviluppatesi nelle Filippine e in Indonesia dopo secoli di sperimentazioni e contatti tra guerrieri cinesi, spagnoli, arabi e moros delle giungle locali.

L’Escrima è forse uno dei metodi recentemente più conosciuti del maneggio delle armi da taglio. Non per nulla il JKD di Bruce Lee ne ha adottato alcune metodiche d’insegnamento e molti corpi speciali ne utilizzano almeno la sezione dedicata all’uso del pugnale.

Nel 1500 esistevano scuole di Escrima in tutto l’arcipelago delle Filippine e non inverosimile pensare che i ryu ninja, sempre alla ricerca di tecniche efficaci, ne avessero avuto notizia. Con gli scambi commerciali si trasmettevano anche le conoscenze marziali,è dimostrato da studi approfonditi sull’evoluzione del combattimento.

Che l’Eretico oltre  alle finezze del Ken Jitsu conoscesse e adattasse alle sue  necessità anche queste nozioni è solo la dimostrazione di un realismo che Altieri ha saputo trasportare dall’uso delle armi da fuoco dei suoi romanzi più moderni alla sua saga sulla Guerra dei Trent’Anni. Sarà un caso ma pochi giorni fa mi è capitato di vedere un classico del cinema marziale nipponico Shogun’s Ninja con Hyroyuki Sanada e Sonny Chiba.  Sorprendentemente ho trovato una sequenza di combattimento dove il protagonista, Sanada, affronta un gruppo di samurai - dopo aver appreso le tecniche segrete del clan ninja dei  “Ragni”- proprio con due lame corte usate in coppia… Non so se Altieri abbia visto questo film, di fatto la scena di combattimento citata dimostra che, a dispetto della lontananza di luoghi, certe ibridazioni erano non solo sono possibili ma anche reali.

Come si conclude il cruentissimo assalto fluviale del demone, però, è un piacere che lascio svelare a voi lettori…