Definire Ora Zero un congegno a orologeria è un espediente linguistico fin troppo facile: eppure la scansione temporale serrata è proprio uno degli fattori elettivi di questo recente lavoro di Stefano Di Marino, che proprio con lo scandire le ore imprime un ritmo sincopato ad un meccanismo narrativo decisamente riuscito.

 

Ora Zero si propone come un thriller europeo. Sul concetto di “Europa” e di “Unione Europea” si potrebbe discutere a lungo: ciò che è perfettamente percepibile è il “clima” europeo dell’intero romanzo. Non si tratta tanto della ricostruzione ambientale – ottimamente curata -, dei riferimenti storici, politici o geografici e nemmeno del progetto narrativo in sé che ha come elemento portante la D.S.E. e i suoi appartenenti: si tratta piuttosto di una corrente sotterranea, una eleganza stilistica, un sentire comune – appunto – europeo che fa sì che il romanzo si sviluppi come un eccellente thiller di azione privo di sudditanza allo stile americano, intendendo con questo una attestazione di diversità e non certo una sterile e snobistica presa di distanza.

 

Questo stile si fa sentire in particolare nella caratterizzazione dei personaggi. Ora zero è un romanzo d’azione e pertanto i tratti psicologici sono delineati con pochi elementi, è l’azione a prevalere: l’abilità di Di Marino risiede nel delineare in modo essenziale figure perfettamente credibili, capaci di debolezze umane, consapevoli dei limiti e delle contraddizioni del proprio agire, personaggi che hanno dubbi. Basterebbe già questo a distinguerli da una certa ottusità muscolare di alcuni eroi d’oltreoceano, ma Di Marino aggiunge altri elementi: se colpiti, sanguinano e viene loro la febbre, provano paura, sonno, rabbia, amarezza. Ci si può identificare nelle percezioni sensoriali che i protagonisti provano senza che questo appesantisca in alcun modo il racconto: al contrario, la cadenza temporale, le sensazioni fisiche, l’ambientazione spesso notturna o in interni creano un piacevole senso di urgenza - quasi claustrofobica - che rende davvero difficile interrompere la lettura.

 

Il romanzo non è nemmeno privo di spunti di ragionamento: la irrisolta questione dei Balcani, la secolare guerra civile irlandese, l’incognita dell’Est Europeo sono il terreno su cui si muovono i protagonisti e i loro antagonisti.

 

Figure interessanti, questi antagonisti: Kaspar Dragan, il cattivo per antonomasia, efferato signore della guerra jugoslava, ed il Comitato.

 

Dragan è il nemico fisico, rappresentazione del fascino demoniaco del male, è il guerriero: come tale, si ha la sensazione di poterlo incarcerare, di poterlo colpire.

 

Più temibile l’oscuro Comitato, espressione di un potere occulto avvertito ma mai chiaramente dimostrato come certe logge massoniche di italica memoria. Il vero nemico, probabilmente, perché aereo, rispettabile e ben introdotto nel sistema: o, forse, è il sistema. Facce comunque della stessa cinica medaglia.

 

Attenzione, Stefano di Marino non ci infligge un trattato socio politico, né un’indagine giornalistica: sarebbe però un peccato non cogliere anche questo aspetto. Quello che l’autore ci propone è un romanzo molto piacevole da leggere, un gioco di equilibrio narrativo ottimamente riuscito, nel quale si coglie una grande libertà intellettuale e la capacità seguire percorsi non banali né conformisti.

 

Con grande beneficio, e divertimento, per il lettore.