«Cosa potrebbe fare una compagnia di gente perfettamente normale e presumibilmente civilizzata sapendo che nel proprio novero c’è un assassino?»

Il Giallo Mondadori tappa una falla nella bibliografia italiana di Anthony Berkeley Cox, storico autore del mystery nonché co-fondatore del Detection Club (fra i cui membri c’erano Agatha Christie, Dorothy L. Sayers e molti altri nomi eccellenti). Abituato a nascondersi dietro vari pseudonimi - come A.B. Cox, Francis Iles o A. Monmouth Platts - come Anthony Berkley ha firmato una serie di romanzi con protagonista l’investigatore-romanziere Roger Sheringham, una cui lacuna italiana viene colmata questo mese con l’uscita in edicola de L’isola della paura (Panic Party, ristampato negli USA con il titolo Mr. Pidgeon’s Island).

Guy Pidgeon invita un gruppo di variegati amici («Ognuno di loro è l’esemplare più tipico e ordinario possibile del suo particolare genere») a seguirlo in un viaggio in yacht verso... una destinazione per il momento sconosciuta: il viaggio organizzato dal ricco eccentrico accademico inglese è solo una parte di un elaborato piano per mettere alla prova le persone coinvolte nel progetto. Giunti all’isola privata di Pidgeon, questi palesa una successiva parte del piano: come reagiranno i suoi ospiti al pensiero di dover passare del tempo in un luogo ristretto sapendo che fra loro c’è un assassino?

Un gioco? Forse. Un esperimento sociologico? Forse. L’unica cosa che sembra essere sicura di tutta questa storia è che un assassino c’è davvero, e il cadavere che viene trovato a galleggiare in acqua non è affatto un gioco. Starà a Roger Sheringham - ospite, romanziere («Sei proprio un romanziere terribilmente bravo, anche se scrivi bestseller») ma anche acuto osservatore - sbrogliare la matassa.

Il romanzo del 1934 inizia in modo non originale rifacendosi dichiaratamente ad un precedente lavoro di Barrie. «Ricorda la sua commediola? - chiede Pidgeon a Sheringham. - Mi sorprende che lei non abbia notato la somiglianza delle situazioni. Mi aspettavo che saltasse su, mentre eravamo a tavola, e mi denunciasse per plagio. [...] Io stavo solo seguendo le orme del maestro».

Il riferimento corre ad una pièce teatrale di qualche anno prima, Shall We Join the Ladies? (1928), un diabolico ingranaggio della detection scritto da Sir James Matthew Barrie, più noto per essere il papà di Peter Pann. Dopo una doppia comparsa nel 1952 (in volume e in rivista), il testo della pièce è stato dimenticato dall’editoria italiana, ma solo gustandosi l’atto unico Raggiungiamo le signore - gentilmente fornitomi dal Gruppo Teatro Tempo di Carugate - si può apprezzare in pieno il “gioco” di Berkeley.

Nel breve testo di Barrie (da cui nel 1939 è stato tratto un mediometraggio per la TV) un ricco signore invita degli amici a cena, per poi rivelare che in realtà li ha manovrati tutti - divenendone amico per interesse - perché è convinto che fra di loro ci sia l’assassino del fratello: inizierà un gioco al massacro con un finale sorprendentemente aperto.

A Roger Sheringham non piacciono i finali aperti, e infatti L’isola della paura ha ben due epiloghi, tanto per chiarire ogni cosa.

Un romanzo classico (nella migliore accezione del termine) da riscoprire... anzi, da scoprire per la prima volta, visto che finora risultava inedito.