Luglio è il mese in cui cominciano le vacanze, in cui la voglia di staccare ed evadere prende il sopravvento e in cui, dopo un anno di lavoro, si sente solo la voglia di ferie e di riposo. Proprio per questo l'ospite del nostro salotto letterario è Pelagio D'Afro un autore alla sua prima volta letteraria con un romanzo divertito e divertente dal titolo I ciccioni esplosivi (libri/8346). È una gioia per me ospitare Pelagio perché, non lo nascondo, sono molto affezionata a lui, nelle sue molteplici personalità, e al romanzo, che ho avuto il piacere di leggere in tempi non sospetti. Perciò sono felice e soddisfatta di poterlo presentare agli amici del nostro salotto letterario virtuale.

Ciao, Pelagio, e grazie per essere mio ospite. Cosa posso offrirti, per cominciare la nostra intervista?

Jack Daniel's liscio penso che possa andare bene, grazie.

Sono tante le cose che voglio chiederti, perciò cerco di andare con ordine, cominciamo dal principio: il libro si apre con una dedica iniziale che incuriosisce e intriga. Chi è il padre che citi?

Paolo Agaraff per me è colui che ha fornito la metà del mio corredo cromosomico, ovvero i due quarti della mia costituzione, ovvero Roberto Fogliardi e Alessandro Papini, nonché il primo creatore e sperimentatore del metodo di scrittura a mani di vernice, insomma la radice fondante dalla quale tutto proviene e senza la quale non sarei o, forse... non saremmo?

Ma come mai "finge di non conoscerti"?

Suppongo sia il classico comportamento "vediamo che combina" oppure la somma indifferenza del Motore Immobile, non so.

Visto che la tua opera è di difficile collocazione, per aiutare i lettori a capire di cosa si tratta, come definiresti il tuo romanzo?

Uh? Domanda di riserva?

Va bene, ti accontento. Prova allora a inventare un "trailer" de "I ciccioni esplosivi".

Un uomo sta uscendo dall'edificio di una multinazionale, didascalia: uno scienziato. Un ciccione sta facendo jogging, didascalia: un ciccione. Tre islamici che bevono il the, didascalia: tre islamici. Didascalia: Cosa hanno in comune? Rumore di esplosione, didascalia: questo. L'ispettore Iaccarino in strada che dice: "Ho trovato la testa." didascalia: uno sbirro. A seguire rapide immagini di tutti gli altri personaggi con didascalie: una poliziotta integerrima, una prostituta indimenticabile, ma soprattutto... LORO. E qui i tre vecchi Filippo, Alessio e Giacinto che stanno litigando come al solito. Didascalia: gli unici che riusciranno a risolvere il tutto... forse. Finale con titolo: I Ciccioni Esplosivi, immagine della copertina. Ultima didascalia: quando si dice "scoppiare di salute".

Però il titolo non mi convince al 100%, è vero che in parte incuriosisce, ma personalmente lo avrei intitolato "Cicciobomber".

Il titolo, come ben sai, risente molto dell'opinione dell'editore. Sono girate varie ipotesi, ma se alla fine Dominus Montag avesse voluto intitolarlo "L'intricato caso dei sovrappeso esplodenti nella città portuale provinciale" avremmo finito per accettare. Almeno un quarto di Pelagio, però, avrebbe sofferto orribilmente e forse avremmo anche dovuto abbatterlo. Il titolo originale, comunque, era La minaccia dei ciccioni esplosivi, ma tutte quelle "accia" e "iccio" erano piuttosto cacofoniche.

Da dove nasce l'idea per un romanzo così "alternativo"?

Dopo la stesura de Le rane di Ko Samui si ragionava, in veste di Agaraff, su nuove trame e nuovi progetti. Una di queste trame riguardava esplosioni di personaggi sovrappeso, ma viaggiava su binari diversi da quelli del romanzo che ha partorito Pelagio. Almeno un terzo d'Agaraff reputò la trama troppo grottesca per i suoi gusti, così la storia rimase nel cassetto finché non ci trovammo a parlarne con il resto di Pelagio, che ha subito aderito entusiasticamente. Tuttavia, la stesura di un romanzo è un'operazione lunga e laboriosa, quindi, data la proverbiale pigrizia pelagica e dato il fatto che Pelagio, per fortuna, non vive di scrittura, il progetto è rimasto nel mondo delle idee finché un quarto di Pelagio, altrimenti noto come Arturo Fabra, ha spedito in mailing list il primo capitolo. Quelle prime righe davano corpo e voce a Dante Iaccarino, il vero protagonista del romanzo. Solo a questo punto è seguita la stesura di un canovaccio dettagliato. Poi, come al solito, è seguito un congruo numero di mesi di lavoro via Internet, durante i quali le varie personalità si passavano il file del romanzo con l'unico compito di portare avanti la narrazione secondo il plot definito e con la possibilità di cambiare tutto quello che non piaceva anche di quanto era stato scritto precedentemente. Quindi, revisioni su revisioni, anche grazie ai preziosi suggerimenti dei proof reader... soprattutto di Gabriele Falcioni, il pezzo d'Agaraff che aveva disconosciuto la trama, ma che poi ha dato un fondamentale contributo all'equilibrio del romanzo. E infine il lungo cammino per trovare un editore.

Con questa risposta hai introdotto alcuni argomenti molto interessanti. Il primo è la tua personalità multipla. Come abbiamo già accennato, tu soffri di sdoppiamento (e non solo) della personalità. Come si manifesta questa "sindrome"? E, soprattutto: come le varie personalità convivono nella scrittura? Ne esiste una dominante?

Una dominante sottintende che ce ne siano tre masochiste? Direi che dominanza e sottomissione sono cicliche e turnanti, ma in modo così sottile e impalpabile da suscitare l'impressione dell'uguaglianza. Pensandoci bene sarei più propenso ad affermare che siamo quattro quarti paritari, se vuol dire qualcosa...

E, a livello pratico, qual è la tua modalità di lavoro? Come operi nelle diverse fasi di scrittura?

Come prima accennato, "a mani di vernice". Seguendo il plot narrativo e i profili dei personaggi (frutto di sedute di brainstorming) ogni personalità riceve il file e lo trattiene per sette o dieci giorni con gli unici obblighi di portare avanti l'azione cambiando anche quanto era già stato scritto prima. Prevengo la domanda e dico: sì, siamo ancora amici, e ci divertiamo un mondo a scrivere così. Soprattutto perché alla fine ci si ritrova a leggere dei brani divertendosi senza nemmeno ricordarsi quanto di ciascuno ci sia.

Credo che questo dipenda dal fatto che tutte le tue personalità vivono la scrittura con estrema umiltà e con un certo approccio ludico. Non credo, infatti, che chiunque possa scrivere in gruppo perché non tutti sono disposti a mettersi in gioco in questo senso. Quali sono, secondo te, i pro e i contro?

Evitando di salire in cattedra per enunciare regole generali direi che i pro e i contro coincidono in una sola parola: "stimolo". Scrivendo in gruppo e sapendo di dover mantenere delle scadenze non puoi concederti il lusso della crisi da foglio bianco che fa tanto scrittore professionista. La sorpresa nascosta in tutto questo è di certo la possibilità di vedere come possano cambiare scene, dialoghi, situazioni senza che questo susciti disappunto, bensì sorpresa.

Un'ultima domanda sulle modalità di lavoro e poi entriamo nel vivo della storia: prima accennavi all'uso di Internet e di una mailing list. Ci spieghi che ruolo ha la tecnologia nel tuo metodo di lavoro?

Fondamentale. Se non fosse esistita la Rete e le possibilità di interazione a distanza, tutto questo non sarebbe mai successo, di sicuro.

Quello che colpisce, secondo me, del tuo romanzo, è la commistione forte tra temi attuali e seri (l'obesità, il terrorismo islamico), l'ironia e il sarcasmo con cui li affronti e li esorcizzi. Questa è forse la vera chiave vincente dell'opera.

Parlando de Le rane di Ko Samui, Valerio Evangelisti disse: "Questo ambiguo Agaraff, sospetto fin dal nome, mette dunque assieme due tabù consolidati presso la nostra critica: l'umorismo e il fantastico, oggetto di condanna fin dai tempi di Croce."

E in effetti, parte della critica italiana soffre del complesso dell'abate Jorge, il personaggio di Umberto Eco: non gradisce il grottesco, la satira, l'ironia, ancor peggio quando combinata al fantastico. C'è nell'aria un certo politically correct ipocrita e formale per cui non si può scherzare su certi temi. Ma è proprio mettendoli sotto la lente deformante del grottesco che si pone in luce la loro assurdità, le palesi contraddizioni.

Quindi sotto l'ironia e la risata, mi vuoi dire che si tratta di un romanzo impegnato?

Ma manco per niente. È un romanzo da leggere per divertirsi e magari cogliere qualche somiglianza con la realtà che ci circonda ma di sicuro non vuole indurre cambiamenti di mentalità o prese di coscienza di alcun tipo. Mi interessava solo poter rendere abbastanza plausibile una storia dai presupposti che sfioravano l'assurdo. Però, chissà: una vocina dentro di me dice che in realtà è un romanzo impegnatissimo… ma ora la zittisco. Silenzio!

Allo stesso modo, accanto a scene surreali, alle battute, all'ironia, emergono prepotenti le citazioni dantesche, affiancate a esplosioni, litigate e scene "off limits".

Fondamentali per definire un personaggio che è rimasto nel cuore di tutti noi, ed è anche tornato in altri racconti (a esempio ne In questa mortal Marca, presente nell’antologia NeroMarche, Ennepilibri 2008): l'ispettore Iaccarino. E fondamentale è stato l'apporto del prof. Giuseppe D'Emilio, la personalità di Pelagio che vanta una formazione letteraria più canonica e tradizionale.

E cosa mi dici invece delle ultime scene del romanzo, in cui prende il sopravvento una certa atmosfera melensa?

Ma io sono melenso, e cinico, e satirico, e variegato, come la vita. E finisco per innamorarmi di qualche personaggio, nonostante tutto.

Parliamo ora dell'ambientazione. Un'ambientazione italiana, definita però da nomi inventati, ma che fanno riferimento a luoghi reali e precisi. Perché questa scelta?

Per il tono surreale dell'intero romanzo, per la libertà creativa, e per gioco, perché in realtà io gioco (tanto) e mi piace. In realtà, Gomitona non è solo Ancona (dal greco Ankon, che significa gomito), ma una qualsiasi città provinciale italiana. Un non luogo che è tutti i luoghi.

In questo "non luogo che è tutti i luoghi", si muovono molti personaggi, su strade che si incrociano, senza mai davvero intrecciarsi, una "fauna" variegata e multiforme, senza che da essa emerga un vero protagonista.

Adesso evitiamo definizioni altisonanti tipo "romanzo corale"; diciamo piuttosto un'avventura con tanti personaggi, un'altra convenzione del romanzo che forse ci andava stretta. Più personaggi ci sono e più le nostre personalità riescono a esprimersi.

E cosa mi dici delle presenze femminili?

Stereotipi, direi, anche non politically correct, con la consapevolezza di esserlo (come quelle maschili, del resto). C'è Simona, l'istruttrice di fitness abbastanza "fuori dalla realtà" c'è il vicequestore Luisa Pellegrini, dedita al lavoro e al lavoro soltanto, e c'è Regina, la Prostituta Massima. Ci vorrebbe pochissimo a partire con una psicanalisi da salotto, no? Quindi eviterei di farlo, sono personaggi funzionali alla storia. Tutto qui.

Eppure ci sarà pure un personaggio che ogni tua personalità ha preso a cuore più di altri…

In realtà ce ne sono due. Il primo, come si può facilmente immaginare, è l'ispettore Iaccarino, l'altro è Giulia Bortolazzi in arte Regina, un prostituta che viene definita dagli stessi protagonisti del romanzo "da sposare", anch'essa presente nel racconto In questa mortal Marca.

Chi conosce Agaraff non può non notare che, a un certo punto, fa la sua comparsa una vera guest star…

Edgar Allan Poe diceva: "Chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte". Matteo Ponzoni, esorcista sospeso a divinis per aver posseduto una posseduta, è il sognatore per eccellenza. Ha una sua visione tutta personale della realtà che gli consente di risolvere qualsiasi caso, affrontando umani, subumani, extraterrestri, dèi e demoni con la stessa indifferenza. Lui è abituato a vedere e sentire ciò che non esiste e nulla può turbarlo. I tre vecchi hanno lo scudo del cinismo, Ponzoni vive nell'assoluta anormalità. L’ex esorcista è stato la palestra di Paolo Agaraff: i racconti raccolti nel sito agaraffiano sono esperimenti che ci hanno fatto crescere come gruppo, una vera e propria palestra. Era inevitabile che don Matteo, prima o poi, avesse una parte in un romanzo. Comunque, a breve, apparirà anche un racconto che lo riguarda in un'antologia edita da Giulio Perrone... ma questa è un'altra storia.

E veniamo ora a quella che forse è stata la parte più travagliata della storia del romanzo: la pubblicazione. "I ciccioni esplosivi" è un'opera coraggiosa, infatti, in Italia forse solo Stefano Benni ha scritto libri con la stessa "vena satirica2 riuscendo a ottenere successo. È un genere che funziona poco, o almeno così pare…

Sì, specialmente secondo editori e addetti ai lavori. Infatti la perplessità di coloro ai quali lo avevo proposto era proprio questa, eppure da parte dei lettori (a cui è piaciuto) quello che è stato apprezzato maggiormente è proprio la vena satirica e la commistione dei generi.

Quindi come sei arrivato alla pubblicazione?

Bella domanda. Con pazienza e tenacia. I ciccioni esplosivi è una contaminazione estrema di generi che ha messo in imbarazzo diversi editori: da un lato il titolo intriga subito e la storia risulta avvincente. Poi, però, dal punto di vista del marketing è difficile capire come posizionarlo. Quindi dopo aver sentito: "non rientra nella linea editoriale", "troppo contaminato", "queste cose le può fare solo Benni", "che genere è?" ho comunque continuato a farlo girare finchè la Montag di Tolentino, una piccola casa editrice che si sta facendo spazio nel panorama editoriale, ha deciso di rischiare con me.

E sei soddisfatto?

Della situazione mondiale no. Della cena di ieri sera abbastanza. Del conto in banca preferirei non parlare, di aver pubblicato I ciccioni esplosivi... sì.

Cosa rispondi, quindi, a chi dice che il tuo romanzo è "sopra le righe"?

Studio per la copertina. Manuela Maggi
Studio per la copertina. Manuela Maggi
A. Meglio sopra che sotto

B. Le tipografie non sono più quelle di una volta

C. Anche alle elementari scrivevo male

D. Righe? Quali righe?

Quindi, vista la tua esperienza travagliata, cosa consigli di fare a chi ha il romanzo nel cassetto?

Innanzitutto di non farsi illusioni: è più facile non essere pubblicati che riuscirci, a meno di non rivolgersi alle (troppe) case editrici a pagamento, cosa che a mio avviso ha poco senso; tuttavia, insistendo con tenacia, di sicuro ci sono maggiori possibilità di ottenere risultati. Ovviamente non bisogna mai disdegnare i suggerimenti delle case editrici, non essere cioè "fondamentalisti" riguardo il proprio lavoro, insomma accettando eventuali suggerimenti di esperti, senza però snaturare quello che si è scritto.

Ora che hai tagliato il traguardo della tua prima volta editoriale, quali sono i tuoi progetti?

Le idee sono tante: dal romanzo storico medieval-fantastico al giallo ambientato nei primi del Novecento... Forse, se riesco a riunire le mie personalità per parlarne, ne verrà fuori qualcosa...

Sul finire di questa intervista cerca di convincere i tuoi futuri lettori: perché leggere "I ciccioni esplosivi"?

E perché no? Se vi intrigano la copertina e l'incipit della storia... io faccio così quando vado in libreria.

Inoltre, la prima donna che indovinerà:

A. l'unico endecasillabo che sembra dantesco ma non lo è

B. almeno tre criptocitazioni letterarie presenti nel romanzo

C. chi è nella realtà Piersilvio De Nicolis

avrà l'onore di offrirmi una cena.

Caro Pelagio, grazie mille per essere stato in nostra compagnia e ti chiedo un'ultima cosa: saluta gli amici del nostro salotto letterario, lasciando il segno…

Parte una musica fuori campo, Pelagio si veste con una cappa, una maschera e un cappello neri, nella sua mano destra compare un fioretto con il quale, in un lampo, verga nell'aria una "P" infuocata mentre un coro di voci femminili canta "Pelagio-o-o-o-o, Pelagio-o-o-o-o, Pelagio-o-o-o-o…" E all'improvviso "puffffff", scompare.