Chiedendo perdono al grande Massimo Troisi, scusate il ritardo. Come avevo promesso, ritorno a parlare di A QUALCUNO PIACE GIALLO, la rassegna di Brescia, dopo averci partecipato come uno degli autori protagonisti degli incontri con il pubblico.  Il festival è finito il 17 aprile con grande successo, e questa è la cosa più importante.

Io poi non devo fare un articolo sulla rassegna, ma soltanto voglio raccontare come ho vissuto i due giorni dove sono stato felicissimo ospite e quali impressioni ho ricavato. Anche perché la rassegna è giunta alla ottava edizione ed io invece ero alla mia prima partecipazione, quindi non avevo confronti da fare. Visto che sto parlando di un avvenimento passato – 12 e 13 aprile, per le date che mi riguardano – mi sento autorizzato a farlo con molta libertà, seguendo i frammenti della mia memoria. Intanto confesso che avevo già scritto un resoconto in treno mentre tornavo a Roma, il 14 mattina, per fare in tempo a votare, essendomi alzato all’alba. Sforzo che potevo evitare, visto come sono andate le elezioni. Forse non ero tanto sveglio quanto credevo, perché quando ho riletto le pagine scritte a penna per trasferirle sul computer, ho fatto l’operazione che spesso faccio su di me: ho buttato via tutto perché non mi piaceva. Qualche maligno dice che dovrei farlo più spesso, di gettare via tutto. Ma ai cattivi non si risponde, si lasciano andare al loro destino. Adesso via con i ricordi.

CARI AMICI VICINI E LONTANI – Oggi sono in fase di citazioni e per i meno giovani ricordo che questa era la frase di apertura dei programmi di un presentatore storico come Nunzio Filogamo. Appena arrivato a Brescia, ho avuto il piacere d’incontrare amici del giallo e miei, che ritrovo solo in queste occasioni, poiché viviamo sparsi per l’Italia.  Così ho fatto in tempo a conoscere Danila Comastri Montanari, a rivedere con la solita gioia Gianfranco Orsi, in partenza, dopo aver presentato il giorno prima il suo volume di racconti edito dalla Piemme.  E poi Lia Volpatti e Carmen Iarrera, in compagnia delle quali ho assistito, come attento spettatore, agli incontri di sabato 12 aprile, perché c’è sempre da imparare. Visto che io sarò sul palcoscenico domani, mi fa piacere verificare come si fanno gli incontri e come ci si deve comportare. Così ho il piacere di conoscere, prima come pubblico poi per fortuna in modo più amichevole, due signore protagoniste dell’ultimo incontro della giornata: Margherita Oggero intervistata dalla giornalista Lilia Gentili. La Oggero è una signora deliziosa che non nasconde il suo passato di professoressa- anche la sua protagonista fa questo mestiere - e sembra essere anzi la professoressa, saggia e bonaria, colta ma non supponente, autorevole e bonaria che tutti vorremo avere avuto. Io sono sempre stato iellato a scuola, dei professori ho un pessimo ricordo, quindi assisto al piccolo show della Oggero con grande piacere e tanta invidia per i suoi ex allievi. L’incontro procede ben ritmato e profondo per merito anche della intervistatrice, che fa domande brevi e pertinenti, dimostrando di aver capito che il suo ruolo è di mediare fra il pubblico e l’autore in mostra, senza assumere mai il ruolo di protagonista. Ho avuto modo di diventare in seguito amico di Lilia e di suo marito, anche perché vivono a Roma e abbiamo amici in comune. 

A proposito di amici ho il piacere di incontrare Nino Dolfo giornalista di Brescia che ho avuto il piacere di conoscere nel lontano 1976 – eravamo entrambi molto giovani – a Cuba, nella prima visita consentita a turisti italiani. Con Nino ci siamo incontrati altre volte in questi anni, in occasioni particolari come il Festival del cinema di Venezia o il Mystfest di Cattolica, ma adesso abbiamo il piacere di stare insieme per più tempo, perdendoci in piacevoli e intensi amarcord. Favoriti anche da una piacevole usanza della rassegna: una grande tavolata, nella quale è possibile stare insieme e fare anche di questo momento conviviale un punto d’incontro e di scambio di idee.  

IL MIO INCONTRO – Domenica pomeriggio, ad intervistarmi è Antonio Grassi, responsabile della pagina di Crema per il giornale Provincia di Cremona. Io mi considero fortunato, in quanto Antonio è anche uno scrittore di gialli quindi è molto sensibile ai problemi che un autore ha, non solo nel momento della creazione ma anche in quello della divulgazione e della presentazione al pubblico. Chi mi conosce sa che non ho problemi a parlare con il pubblico, avendo in passato avuto anche esperienze di conduttore di programmi radiofonici e televisivi, ma è sempre un compito arduo parlare di se stessi e delle proprie creature. In particolare dell’ultima, il romanzo edito da Dario Flaccovio, IO SONO LA PROVA ed anche di quello precedente UNA VITA SPRECATA, visto che i protagonisti sono gli stessi. Si ha sempre paura di comportarsi come quelle madri che ritengono belli i propri figli, anche se sono scarafoni. Antonio Grassi ha la bravura di farmi domande molto brevi in modo da lasciarmi spazio ma anche ha la sensibilità di perdonare il mio eccesso nel cercare il contatto con le persone sedute in poltrone, che per fortuna sono tante. Si ha sempre paura di sale vuote quando si parla di libri ma a Brescia mi sembra che tale pericolo sia superato. Io confesso che, quando parlo, non smetto mai di guardare con molta attenzione gli spettatori, cerco nelle espressioni dei loro volti momenti di noia (può capitare, non siamo infallibili) oppure consenso e partecipazione. Per questo, devi essere pronto a cambiare discorso, a variare i temi e anche il modo di porli. Importante è stabilire un contatto con le persone, considerandole amiche di cui non sai il nome ma con le quali devi parlare, come se fossi seduto su una poltrona, non di casa tua ma sua. Con il rispetto che si deve ad un padrone di casa. Alla fine mi sembra che tutto stia andando bene, al punto che credo di aver interessato il pubblico sia al romanzo sia al personaggio principale, Daniela Brondi, che sarà la protagonista fissa anche dei miei prossimi romanzi. Io ormai sono innamorato della mia poliziotta e spero di portarla presto anche sugli schermi televisivi. In passato non sbagliavo nel prevedere il successo delle mie opere (da DOV’E’ ANNA? a HO INCONTRATO UN’OMBRA, da CORALBA a PHILO VANCE), è vero che sono invecchiato ma l’esperienza conta ancora qualcosa, almeno spero. Credo che Daniela Brondi possa diventare un personaggio televisivo di successo, indovinando l’attrice giusta. Quando il progetto si starà per concretizzare, ne parlerò su questo sito che è stato sempre molto ospitale nel miei riguardi.

IL COMMISSARIO REX – La domenica 13 si chiude con l’incontro condotto da Luca Crovi con Kaspar Capparoni e con Stefano Piani, rispettivamente protagonista e sceneggiatore della serie italiana de “Il commissario Rex”. Incontro molto animato e divertente, anche se mancava Rex, perché Kaspar, da ottimo attore, anche di teatro, sa come prendere per mano il pubblico e tenerlo in pugno. Inoltre Luca Crovi, per il quale ammetto di provare un grosso sentimento di amicizia, anche se ci vediamo una o due volte l’anno, dimostra di essere il miglior intervistatore che esiste in Italia, come dimostra in radio con il programma “Tutti i colori del giallo”. Non solo sa come tirare fuori il meglio dal personaggio che ha di fronte ma è anche attento a quanto succede intorno. Così si accorge della mia presenza in prima fila fra il pubblico, e non gli sfuggono alcune mie espressioni di consenso a quanto sta dicendo Capparoni, in una veemente e sacrosanta invettiva contro un certo modo di finanziare il cinema italiano. Luca salta su dalla sua poltrona e mi coinvolge, obbligandomi ad alzarmi, ad andare vicino al palco ed a prendere il suo microfono. Il pubblico mi conosce perché il mio incontro è finito solo 1 ora prima e poi io su questo argomento ho abbastanza da dire, non a caso sono quasi cinquanta anni che lavoro nel mondo dello spettacolo e non ho mai fatto parte di conventicole. Così mi è facile andare d’accordo con Kaspar, che non conoscevo personalmente, e tirare fuori il mio vecchio cavallo di battaglia di MANCO LA MADRE, una rubrica, che spero di fare un giorno o l’altro, dedicata ai film italiani finanziati con soldi pubblici e che hanno avuto spesso incassi inesistenti e ridicoli. Al punto di non coinvolgere nemmeno la propria famiglia. E se nemmeno tua madre trova la forza per venire a vederti …

LE 4 FATE TURCHINE – Non sono matto ma la serata finisce in allegria perché salgo sul palco e ho il coraggio di indossare un omaggio che mi è stato fatto: la cravatta della prima edizione, storica ma non bella. Lo faccio non per masochismo ma per esprimere con un gesto la mia gratitudine alle quattro organizzatrici (Magda Biglia, Carla Bonomi, Sonia Mangoni, Milena Moneta) da me ribattezzate “le 4 fate turchine” perché capaci di trasformare la loro fatica in bravura, a colpi di bacchetta magica, facendo apparire facile quello che invece non lo è proprio. Come si può vedere dalle foto anche “vecchi marpioni” come Kaspar, Luca e me si fanno travolgere dall’entusiasmo. Al punto tale che io prendo pubblicamente l’impegno di partecipare alla nona edizione di A QUALCUNO PIACE GIALLO, anche se non dovessi avere un nuovo romanzo da presentare. Mi offro come intervistatore di qualche collega oppure come “cavalier servente”.  E trasformo i lettori in testimoni a mio favore perché le 4 fatine hanno detto di sì e quindi ormai si sono impegnate, pubblicamente. Dovete fidarmi della mia parola, ma su di me non si possono avere dubbio. IO SONO LA PROVA che tutto quello dico è vero e bello. Per merito dei colpi di bacchetta magica, non certamente mio. Altrimenti perché essere amico di 4 fatine ?