Come il lupo, nuovo romanzo di Eraldo Baldini da poche settimane in libreria, trasmette l’inquietudine di una fiaba gotica e della fiaba ha alcuni elementi forti: la valle isolata (incantata), una bimba preveggente, una donna di medicina, i lupi, e un uomo in viaggio alla ricerca della soluzione di un mistero che è anche la soluzione al mistero della sua esistenza.

Il protagonista Nazario è ex partigiano di montagna divenuto Maresciallo della Forestale per amore dei boschi: ha combattuto per liberare l’Italia dalla dittatura ed ora, nell’Italia di Scelba e degli scontri di piazza, si interroga su quanto sia rimasto degli ideali di quella guerra di liberazione che voleva essere anche l’avvio di una società con valori etici diversi.

Quando la giovane e amata moglie, gravemente ferita nelle cariche della Celere durante gli scontri di Modena e mai più ripresasi, morirà tre anni dopo, Nazario chiede e ottiene il trasferimento tra i monti delle sue origini. È un ritorno alle radici – di se stesso in primis – ma è anche la scoperta di una valle, che non a caso si chiama Valchiusa, che lo porterà dentro il mistero di un’antica leggenda a contatto con gente che pare aver elaborato un proprio codice di valori.

La struttura narrativa è limpida, perfetta, composta da un autore che ancora una volta dimostra di conoscere molto bene il territorio in cui si muove: ne è dimostrazione il capitolo iniziale ambientato nel 1651, la cui importanza si rivelerà appieno solamente nelle ultime pagine, scritto in modo eccellente e capace di creare emozione e interrogativi.

Un capitolo iniziale in cui la comunità dei lupi e quella degli uomini convivono in un territorio ostile. Lo sguardo degli umani si rispecchia nello sguardo dei lupi.

La figura dei lupi è forse l’occasione mancata nel prosieguo del romanzo: è vero che Nazario ha un amore profondo per questi animali, per passione li segue e li osserva, ma lo straordinario archetipo che questo animale rappresenta perde di intensità nel corso dei capitoli, si dilata, pur rappresentando una chiave di decodificazione fondamentale per comprendere le azioni e le scelte degli umani.

Il romanzo manca forse un po’ di quel senso di inquietudine cui Baldini aveva abituato il lettore: a onor del vero ciò non è dovuto a una carenza dell’autore, quanto piuttosto all’empatia profonda che chi legge prova nei confronti di Nazario e dei personaggi comprimari. Ci si riconosce nelle sue angosce così contemporanee, nel suo disagio, nel suo senso di inadeguatezza e quando Nazario si trova di fronte alla scelta determinante se scegliere la via degli uomini o la via dei lupi, il lettore stesso ha già maturato il desiderio di aderire a un codice etico primario, essenziale, naturale.

La scelta di Nazario, posto di fronte allo svelamento del mistero della Valchiusa, appare quindi come l’unica scelta possibile. Una fine auspicata e desiderata, a suo modo un happy end che, per la natura del romanzo, un po’ stupisce anche se consola.

Come il lupo è comunque un romanzo che si legge tutto d’un fiato, con l’atteggiamento un po’ infantile di voler sapere come andrà a finire. È un romanzo che pone interrogativi importanti e contemporanei, animato da personaggi molto belli: oltre al protagonista colpiscono moltissimo la delicatissima figura di Elisa, figlia epilettica e veggente di Nazario, e la misteriosa nonna Vera, matriarca della Valchiusa.

Un libro denso di elementi magici, di suggestioni emotive, di attaccamento alla memoria popolare, di valori: come tutte le fiabe che si rispettino, per quanto nere esse siano.