“Afferrare quell’esile materia che è il cosmo invisibile dentro la mente”: questa, nelle parole di Luciana De Palma, è una delle straordinarie imprese compiute da Virginia Woolf nella sua continua esplorazione della parola, in quella particolare e iridescente dimensione materica chiamata ‘scrittura’. Una dimensione che è scrigno di epifanie e memorie e che la portò a intraprendere esperimenti e inseguimenti continui – luminose tappe di un viaggio narrativo-esistenziale di cui De Palma decide di ripercorrere il principio e la fine, con al centro l’oceano del tempo: La crociera, Le Onde, Anon. Tre opere che attestano in maniera molto diversa ma complementare la complessità della narrazione, il suo farsi filigrana e libellula, furore e stupore, in volo verso il cosmo.

Romanzo d’esordio, La crociera vede Virginia sorvolare sulle rovine della guerra con il velo etereo delle parole: la prosa, per molti versi ancora tradizionale rispetto alla musicale sinuosità al di là da venire delle sue opere più celebri e celebrate, affronta la pesantezza dell’esistere rivelando l’ineludibile frammentarietà dell’io. Incastonato dentro immense e improvvise pulsioni di vita e di morte, piacere e dolore, unione e incomunicabilità, fra il chiudersi ermetico e quasi tombale della nave e il libero fluire dei pensieri, il sé della protagonista Rachel reclama uno spazio diverso dal consueto, monotono ticchettio dei giorni, ma anche diverso dal semplice viaggio esteriore. Quello compiuto qui da Virginia non è uno sporgersi dell’io verso il mondo esterno come mero atto di spostamento/scollamento dal qui ed ora all’altrove, ma un sondare i recessi più abbacinanti del vivere e del dirsi parte dello scorrere universale – pensieri, note, immagini.

Giunta nel centro della creatività, dopo essere sprofondata negli abissi di luce e oscurità che la mente regala se si ha la pazienza di annodarne le trame più sfilacciate e apparentemente insensate e caotiche, Virginia emerge poi con Le onde, il suo capolavoro. Senza più ancore a bloccare il passaggio da un porto all’altro, senza più navi dentro cui rinchiudere il libero corso dei pensieri, la scrittura può farsi densità di suoni e rumori, pozzanghere e luminescenze, un trascorrere e un correre della memoria puntellata di stelle, brividi, rivelazioni, dilatazioni. Bernard, Jinny, Louis, Neville, Rhoda, Susan, e Percival quale presenza ombra cullata dentro i ricordi: nomi, essenze, impronte di un’unica imago che spicca il volo in un presente ininterrotto fatto di pura luce, librandosi dallo stadio larvale del passato. Non era forse Falene il titolo provvisorio di quella opera così immensa? Cos’altro sono i pensieri dei sei personaggi che dischiudono il settimo dal bozzolo della memoria-crisalide se non ali di spuma, incantesimi senza fine nel mistero concentrico della vita?

E ancora, e infine, torna la guerra a chiudere il cerchio: Anon, incompiuto perché in fondo impossibile, è nelle intenzioni di Virginia un canto universale dove le parole non hanno origine né compimento, quasi una morality play su tutto lo scibile del sapere letterario umano (o per lo meno di provenienza inglese), dove l’Everyman (Everywoman) si specchia nel ruolo autoriale unicamente per disfarsene, liberando le parole dal giogo dell’appartenenza a chi le ha generate per diventare patrimonio di chiunque. La visione finale su cui Virginia spalanca i nostri occhi e le nostre menti è dunque quella di un’utopia: restituire alla parola una forza salvifica assoluta, non più ancorata alla pagina scritta ma ubiqua, in grado di cancellare ogni traccia o anche solo minaccia di violenza, abbrutimento e oblio propagate dalla guerra, tornata a storpiare la sua realtà di donna in lotta con l’istinto di sopravvivere e la parallela tentazione di farla finita e sparire una volta per tutte.

Accompagnandoci con levità e poesia, senza mai dimenticare la gravitas che caratterizzò la vita di Virginia Woolf nella sua ricerca verso una scrittura totale, De Palma permette a chi non conosce l’autrice di aprirsi un varco verso le sue parole, approdando in lidi mai immaginati prima. Ma Virginia Woolf. Le parole, il tempo, la visione fa anche di più: sa anche rinverdire la passione di chi Woolf la conosce bene e ama tornarvi molte e più volte, per sentir rintoccare ancora sul cuore il mistero irriducibile del creare che si fa inchiostro sulla carta, lasciando profonde scie di libellule e onde nell’anima.