Chan è poliziotto infiltrato da molti anni in una gang mafiosa guidata da Sam che a sua volta è riuscito a infiltrare un suo uomo, Lau, all’interno della polizia.

Mentre Wong, il superiore di Chan, l’unico a conoscere la sua vera identità, gli chiede di scoprire la talpa tra le file della polizia, Sam chiede la stessa cosa a Lau…

 

Mentre arriva il primo capitolo di una saga che prossimamente sarà oggetto di remake da parte di Martin Scorsese (è presto per giudicare ma remake per remake sarebbe stato meglio il grande Friedkin…), a Hong Kong si è già visto il terzo episodio, segno che il progetto Infernal Affairs, uno dei progetti più importanti dell'ultimo decennio con un cast stratosferico, ha funzionato.

Bastano pochi minuti e il gioco di specchi ha già preso forma sotto gli occhi dello spettatore, pronto (il gioco) ad assumersi in toto la responsabilità di una storia che vede la figura di Chan (Tony Leung Chiu-wai, dopo Jackie Chan e Jet Lee l’attore di Hong Kong più conosciuto qua da noi, lo si ricorderà protagonista di In the mood for love e di 2046) riflettersi in quella di Lau (Andy Lau) suo clone al negativo infiltrato a sua volta tra le fila della polizia, in una vertigine che ricorda per suggestioni e rimandi quella di Face Off, anche se stavolta non c’è bisogno di volti trapiantati per dislocare ognuno dei due nella posizione opposta a quella di provenienza.

 

Se si accetta il gioco, esplicito come non mai, il coinvolgimento è assicurato, al pari di una riflessione su come il cinema di Hong Kong, seppur ormai lontano dai fasti degli anni ’90 (John Woo sforna i suoi capolavori The Killer e Bullett in the head tra il 1989 e il ’90…), sia ancora capace di rielaborare gli stilemi del poliziesco riuscendo a offrire uno spettacolo dignitoso e di molto superiore rispetto a quello che arriva da Hollywood (che ha vanamente tentato di ricreare quel clima importando direttamente gli autori…), rielaborazione che pur discostandosi da quanto il cinema di Hong Kong ha saputo codificare in termini di noir (Infernal Affairs è un film estremamente povero sul piano balistico, e adotta uno stile che a tratti rasenta il patinato, un po’ come se Adrian Lyne girasse un noir, anche se Unfaithful è tutt’altro che da disprezzare…), può comunque contare non soltanto sul gioco di specchi di cui si è detto, ma anche su due trovate, la prima con al centro un telefonino, la seconda centrata su di una frase vergata su di una busta, più che sufficienti a concretizzare in modo intelligente l’ineluttabile incontro-scontro tra Chan, poliziotto undercover da un decennio (!!), e il mafioso Lau.

 

I riverberi tra i due sono numerosi: compagni d’accademia militare, un mèntore per ciascuno (Wong/Anthony Wong per Chan, Sam/Eric Tsang per Lau), ognuno con una doppia identità, entrambi con addosso la fatica di vivere sempre altrove, tutti elementi sui quali la sceneggiatura a quattro mani di Felix Chong e Siu Fai Mak punta per confondere i confini eternamente in bilico tra bene e male, scegliendo in modo netto la luce del sole (basti vedere i momenti cruciali del film ambientati in pieno giorno sul tetto di un albergo) al posto dell’oscurità che normalmente accompagna storie del genere.

 

Contenuti speciali: making-off, back-stage (con interviste agli attori e ai registi), un finale alternativo (in tutti i sensi…), il trailer internazionale e quello hongkonghese.

Extra

Making of, File segreto: dietro le quinte, Finale alternativo, Trailer internazionale, Trailer in lingua originale (cinese), Sottotitoli in inglese per non udenti