Tratto dal romanzo omonimo (inedito in Italia) di Thomas Berger del 1992, Meeting Evil fa sentire di avere del potenziale ma non riesce a sfruttarlo a pieno.

Il giovane regista televisivo Chris Fisher ha occhio per le buone inquadrature ma i molti virtuosismi di cui il film è disseminato non lo salvano: sarebbe stato un perfetto episodio di Alfred Hitchcock presenta, mentre annacquato per coprire i tempi cinematografici risulta un po’ troppo “stiracchiato”.

  

John è depresso: ha appena perso il lavoro e il suo matrimonio scricchiola. Quando uno sconosciuto bussa alla porta, lamentando un guasto all’auto e chiedendogli aiuto, John lo segue sovrappensiero... e comincia un vero e proprio viaggio all’inferno.

 

Dire oltre sarebbe svelare quei colpi di scena che comunque danno gusto alla pellicola, ma una cosa la si può far notare.

La storia, come si diceva, nasce nel 1992 quando cioè non esistevano i cellulari: vedere oggi, esattamente vent’anni dopo, il protagonista che cerca di fare una telefonata senza riuscirci ha il gusto amaro del ridicolo. Cercare cabine o entrare in un bar per telefonare è un espediente degli anni Novanta: oggi anche i bambini hanno almeno uno smartphone, ma lo sceneggiatore per “modernizzare” avrebbe dovuto stravolgere tutta la storia e non se l’è sentita. Il mondo cambia, e il thriller dovrebbe aggiornarsi...

 

Meeting Evil è un film dai buoni numeri ma ci sono troppe parti noiose e scontate per poterlo definire un film riuscito. Va però visto per un unico importante motivo: il super colpo di scena finale, davvero di gran qualità. Il finale del film merita tutta la visione!