Stefano Lepri, giornalista de La Stampa, docente di giornalismo economico all’Università Roma I e studioso di economia, ha compiuto, con il saggio La Finanziaria siamo noi, un viaggio nell’irrazionalità e nello spreco del sistema italiano dei soldi pubblici.

Cosa non funziona nelle finanziarie italiane, in sintesi, è smascherato fin dalle prime pagine: «lo spreco nasce in una nostra amministrazione pubblica che è una piramide di feudi, costruita sul rinvio delle responsabilità ad altri. [...] Salvo che gli scandali vengano alla luce, ogni potere, piccolo o grande, patteggia con gli altri poteri al riparo dagli sguardi dei cittadini.» Una politica clientelare, che ha attecchito da decenni e si è radicata grazie ad una gestione poco logica, incontrollata e caotica. Di ogni 100 euro che gli italiani versano allo stato, 18 si perdono per il debito pubblico (ereditato durante gli sperperi degli anni Ottanta), 22,6 euro finiscono a Regioni (che si occupano della Sanità), Province e Comuni, 14,7 nelle pensioni, 10,8 nell’istruzione, 5,3 in spese sociali, 5,4 vengono spesi per gli obblighi internazionali dell’Italia, 4,1 per la difesa, 2 per l’ordine pubblico, 1,6 per la giustizia, 1,7 per i trasporti, 80 centesimi per il soccorso civile, 70 centesimi per la casta dei politici, 70 per servizi di amministrazione e rappresentanza dello stato, 30 centesimi per i beni culturali, 90 centesimi per la ricerca, 20 centesimi per la casa.

Come le lobby, i gruppi di potere, i furbetti del quartierino raggirino i conti –spesso coperti da governi compiacenti quando non in debito- è presto svelato con degli esempi: dai 600 milioni di euro ottenuti, nel 2008, dagli autotrasportatori come sconti su pedaggi autostradali e rimborsi di gasolio, ai forestali che, dovendo proteggere il territorio dagli incendi, hanno tutti gli interessi perché gli incendi avvengano, fino ai vari inghippi e trabocchetti per eludere il fisco. Conti precisi –pur nell’imprecisione cui è obbligato chi fa riferimento ai dati forniti in maniera nebulosa dagli stessi tecnici della contabilità dello stato–, una documentazione scrupolosa e uno sguardo attento agli eventi, dovuto probabilmente anche agli anni di professione giornalistica: questo il procedimento metodologico su cui si è basato l’autore per ricostruire punti bui e bilanci imprevidenti. Una situazione che purtroppo pochi italiani conoscono bene, come ha avuto modo di constatare lo stesso Stefano Lepri, chiarendo lo scopo di questa iniziativa: «Il mio libro vuole essere un aiuto a tutti i cittadini perché si rendano conto come si origina il malgoverno».