"Prendete l'autobus, viaggiate in treno: non inquinate, e nello stesso tempo risparmiate" si sente dire. E nel Nordest non si fa eccezione, c'è perfino l'assessore regionale ai trasporti, Renato Chisso, pronto a travestirsi da capotreno o da pendolare pur di controllare come Trenitalia (non) fa il suo dovere, minacciando le Ferrovie di multe salatissime al momento di rinnovare le convenzioni. Già, perchè - come l'assessore sa molto bene - ci vuole un coraggio della Madonna a raccomandare il servizio pubblico, da queste parti. Dove alla guida di autobus e treni può esserci "chiunque", oppure "nessuno".

Chiedete un parere in proposito ai veneziani saliti qualche giorno fa su un bus della linea 12 (Actv, servizio pubblico), in partenza da piazzale Roma, e diretto a Mestre. Come racconta Paolo Navarro Dina sul Gazzettino del 4 febbraio, per un indimenticabile quarto d'ora questi passeggeri sono in balia di un forsennato. Ovvero l'autista uomo G.P., 39 anni, sedutosi al volante vestito da donna: gonna, parrucca, cipria, rimmel e belletto. Visto che è Carnevale, qualcuno abbozza perfino un sorriso di complicità, che si trasforma ben presto in una smorfia di terrore. Una volta partito, il tramviere non solo salta regolarmente tutte le fermate, ma accelera a tutto gas, lanciando il bus a 110 chilometri orari lungo i trafficati stradoni della periferia mestrina. Urla, proteste, vertigini, e dentro la testa di qualcuno la sgradevole sensazione di essere dentro un kolossal tipo Speed, con la differenza che al volante non c'è una graziosa Sandra Bullock, costretta a correre per non far esplodere una bomba, ma una silenziosa maschera ispirata al Norman Bates di Psycho. Finale per altro da film, con kommando di passeggeri che riesce a bloccare l'autista, successivamente ricoverato per accertamenti nel reparto di Psichatria dell'ospedale.

Un incubo a lieto fine, con tanto di adrenalina e aneddoto da incasellare per i posteri su "quando c'erano ancora i bus e poteva succedere che...". I venti passeggeri dell'interregionale Venezia-Milano di cui narra Il Giornale di Vicenza del 5 febbraio, non hanno nemmeno un autista con cui prendersela, ma solo l'infernale macchina elettronica che li ha sequestrati per oltre due ore, mandando a ramengo qualsiasi loro appuntamento o impegno di lavoro. Intenzionati a scendere a Padova, prima constatano che i loro vagoni di coda si fermano al di qua della banchina, dove le portiere non ricevono il segnale di apertura, e poi che il treno riparte di brutto, senza nemmeno sognarsi di lasciarli a terra. Risultato: viaggio da forzati, a caccia di controllori-secondini, fino a Vicenza, e faticoso rientro a Padova in corriera, stipati in mezzo a una moltitudine di studenti pendolari. Non è la prima volta, come sanno i passeggeri di un Venezia-Portogruaro che alla stazione di San Donà di Piave hanno trovato le portiere bloccate da un guasto, e sono stati "tradotti" contro la loro volontà fino alla successiva fermata di Ceggia (Gazzettino del 17 settembre 2004).

Prigionieri nelle mani del Fato, si vive nelle terre di Gotico Padano. Lo ha purtroppo capito uno dei due caprioli liberati giorni fa - in mezzo a benedizioni di autorità e flash di fotografi - per ripopolare l'amena Valletta del Silenzio, alle pendici dei vicentini colli Berici. Il tempo di una scorrazzatina in mezzo ai rugiadosi prati non lontani dalla Rotonda del Palladio, e il parente veneto di Bambi viene sbranato da un branco di cani (Il Giornale di Vicenza del 2 febbraio). I suoi poveri resti vengono almeno ritrovati, mentre dell'altro capriolo proprio non si vede traccia. Per Giancarlo Bonavigo, comandante della Polizia Provinciale, è stato divorato con una tale ingordigia, che i suoi aguzzini non ne hanno lasciato nemmeno un osso.