Rambo che guida calessi turistici, l'Uomo Ragno messo in fuga da due bastardini ululanti, i vigili del fuoco mobilitati per il fratellino di Baby Birba. Una forsennata contaminazione tra cinema e vita sta sommergendo il cuore del Nordest come una tossica nube di gas allucinogeni.

"Piccola peste, a 2 anni mette ko la madre" titola Il Giornale di Vicenza del 30 maggio. Nell'articolo si leggono le gesta di Baby Attila, nome di battaglia affibiato al bambino di due anni che domenica scorsa ha sequestrato la madre. Approfittando di una sua uscita in terrazza per telefonare, il piccolo non ci ha pensato due volte: ha chiuso fuori a chiave la genitrice per recarsi indisturbato al freezer e depredarlo di tutti i suoi gelati. Vano ogni tentativo della mamma di farsi liberare; ogni volta il figliolino le rideva in faccia, sempre più imbrattato di fragola e vaniglia. Fortuna che la donna aveva il cellulare, con cui è riuscita ad avvisare I pompieri.

Solo l'intervento dei vigili del fuoco ha fermato Baby Attila, e consentito alla madre sequestrata di tornare all'interno dell'appartamento.

Passano pochi giorni e il salto nella follia è compiuto. "Il sosia tutto muscoli di Rambo guida il calesse a forte Belvedere", si apprende dal Giornale di Vicenza del 3 giugno, dove un commosso Mario Pavan (autore dell'indimenticabile poemetto agostiniano Passi d'uomo) narra della sua domenica trascorsa nel verdeggiante altopiano di Lavarone, in provincia di Trento. E' qui che i turisti in visita a forte Belvedere, monumento della Grande Guerra, possono compiere un tragitto su una carrozza d'epoca guidata da un impeccabile "clone" di Sylvester Stallone.

Stessa mascella squadrata, stesso sguardo infrangibile, stessa  folgorante protervia. La differenza è che indossa la divisa ottocentesca di un soldato austriaco di Cecco Beppe e non la sdrucita cannottiera con bandana di Rambo. D'altra parte, nonostante le apparenze, non è Sylvester Stallone - rivela  Pavan -  ma Romano Sommadossi, controfigura del divo americano in film come "Cliffhanger", datosi a più innocui sistemi di sbarcare il lunario.

Stesso giornale, stessa data, diversa solo la pagina dove si legge "L'Uomo Ragno in piazzetta Gualdi. Allertati i carabinieri, ma scompare". A mobilitare una pattuglia dell'Arma è il cittadino che attorno alle dieci di sera, con voce strozzata, confida al 113: "C'è l'Uomo Ragno che si arrampica sui tetti, su e giù per una grondaia, con dei cani che gli abbaiano sotto". Seguono arrivo a sirene spiegate, accurate perlustrazioni dell'intera zona (un quartiere di signorili magioni nel centro storico di Vicenza), e rientro al Comando senza ombra di supereroe (d'altra parta, che Uomo Ragno sarebbe, se non svanisse nel nulla).

A Vicenza ci si approssima all'estate sotto una cappa di conturbanti presagi, più appiccicosi dell'afa. Le cronache degli ultimi giorni rigurgitano senza tregua esibizionisti in pasticceria, avvelenatori di commesse e nonnini ciclisti in autostrada, a cui ora aggiungere le apparizioni dei fantasmi di Hollywood. Leggendo tra le righe, è come se una realtà finita nel gorgo stregato di un incantesimo, a base di fiction usa e getta, reclamasse di essere raccontata da un vicentino figlio di questo stesso, venetissimo Blob di visioni e immondizie. Altri non può essere che il vicentino Doc Gionata Zarantonello, 27 anni, regista cinematografico, fresco autore di Uncut, member only, lungometraggio appena uscito non senza scalpore sugli schermi nazionali, per il fatto di raccontare in un'ora e diciotto minuti di primo piano, le vicissitudini del membro di un uomo costretto a letto da un infortunio (lo interpreta il pornodivo Franco

Treantalance).

Zarantonello è lo stesso sacerdote del trash che ha lasciato la città natia dopo avervi girato, in coppia con Ulisse Lendaro, Medley, feroce e irriguardoso splatter-movie realizzato all'interno del liceo classico Pigafetta di Vicenza. Una volta approdato a Cinecittà, Gionata ha puntato senza esitazioni all'unico obbiettivo possibile per un esule del Nordest: "un film interamente dedicato al fallo" (Repubblica del 28 maggio). Parole destinate agli Annali di Gotico Padano.