Da La sposa in nero (Truffaut da Cornell Woolrich), a Il sole nero (Zanussi da Rocco Familiari). Sarebbe fin troppo semplice dire che a perderci è il secondo su tutta la linea (semplice ma non per questo meno vero). Però il film di Krzysztof Zanussi mostra, con il suo piglio irresponsabile, il coraggio degli irresponsabili. Prendere Valeria Golino e affidarle la parte di colei che resasi conto che il giovane bellissimo marito non sta, come sembra, dormendo, ma è morto ammazzato da un colpo di fucile, si sconcerta un poco (ma poco poco…) per subito dopo prodursi in uno svenimento prêt-à-porter, facile facile, quelli che fanno i bambini all’asilo per fingere di essere morti, non sembra scelta responsabile (e probabilmente non lo è…), ma certo coraggiosa (molto coraggiosa…). Ma alla fine il coraggio paga? Difficile a dirsi. Si sarà capito che il tema richiedeva ben altra resa espressiva nel ruolo cardine, quello cioè della vedova che si ritrova d’improvviso con un fardello pesantissimo sulle spalle. Comunque la storia va avanti e il dilemma diventa “Che fare?”: collaborare con la polizia? Non collaborare? Collaborare quel tanto che basta a scoprire chi è stato a sparare e poi procedere da soli sulla strada della vendetta? Al dilemma “vendetta sì vendetta no” se ne aggiunge un altro, quello che scaturisce da due visioni sulle cause ultime dei gesti umani fondamentalmente antitetiche, la prima che consegna il delitto alle umane vicende (come sostiene il commissario interpretato da Toni Bertarelli) la seconda sostenuta dalla madre di Agata convinta che siccome il genero era bello come un angelo, a guidare la mano assassina è stato Satana in persona, conflitto tutt’altro che trascurabile ma che la sceneggiatura preferisce lasciare morire per inedia. Insomma, buone premesse, conflitti interessanti, ma approfondimento zero, recitazione(i) così così. Al fondo della storia ci si arriva, (la materia è quella da tragedia greca) ma senza partecipazione eccessiva, anzi con la sensazione di aver buttato del tempo.