Black out come interruzione o oscuramento. Ma anche come cortocircuito circolare, che lega dinamiche e topoi di un genere all'intera storia della letteratura. Una tavola rotonda, quella andata in scena venerdì 11 maggio alla Sapienza, finalizzata a individuare prima e analizzare poi, modi e tipi appartenenti al racconto del crimine. Dalle origini più o meno note e intuibili, alla grande stagione editoriale del noir italiano, passando per il decennio tricolore del '90: quello delle factory "cannibaliche". Ad aprire le danze è Sabina Marchesi, che traccia con mano sicura l'albero genealogico del genere, partendo dal 1773. Anno in cui venne pubblicata la prima raccolta Newgate Calendar, "collezione" di memorie dei condannati a morte, trascritte dal cappellano e messe in vendita subito dopo l'esecuzione. Primo indizio di come l'immaginario umano, abbia sempre provato irrefrenabile attrazione per il lato oscuro e violento dell'esistenza, cercando nelle opere cartacee la soluzione alle sue necessità. Un bisogno che, secondo la giornalista, ha trovato soddisfazione nel consumo di letteratura grazie al reticolo di domande e informazioni che ogni libro, fornisce al proprio lettore, trasformandolo da consumatore di un prodotto culturale in un investigatore solo fisicamente passivo. Ma se il giallo prevede un enigma indissolubilmente legato a una soluzione finale, il noir trova nel mistero permanente, humus ideale per alimentare il suo essere trans-generico. Più che una gabbia narrativa quindi, il nero diviene sentimento in grado di attingere a filoni reconditi come il gotico. Rispondendo al positivismo del giallo, con la rielaborazione di paure, fantasmi e segreti, che contribuiscono a mantenere elevata la sospensione emozionale, anche quando i nodi sembrano venire al pettine. Endemia di carta e inchiostro quindi, tanto idolatrato dalla massa quanto disprezzato dalla critica specializzata, da sempre portato a palesare, tramite l'espediente dell'intreccio narrativo fatto di crimini e delitti, mali e storture della società contemporanea. Stili e tonalità che ritornano anche nella letteratura italiana, con i vari Fogazzaro, Gadda, Sciascia e Scerbanenco, utilizzati da Elisabetta Mondello come password storiche per introdurre la rilettura a posteriori di come il decennio che ha accompagnato l'arrivo del nuovo millennio, abbia di fatto rilanciato la passione tricolore per il genere. Prendendo spunto da una battuta di Carlo Lucarelli ("oggi gli editori italiani pubblicherebbero qualsiasi storia con protagonista un commissario e un morto"), la docente riavvolge il nastro del tempo fino ad arrivare ai primi anni novanta, quando la reinvenzione della narrativa di genere penisolana, passava attraverso la costituzione di vere e proprie factory costituite da giovani autori definiti "cannibali" all'indomani della fortunata raccolta per la sezione Einaudi Stile Libero.

Comandamento principale di questo movimento è proprio l'acquisizione antropofaga di modalità appartenenti a filoni limitrofi. Un pasticcio in salsa "spaghetti" che centrifuga pulp e orrore quotidiano, rilanciando di fatto uno modo di intendere la letteratura, dato per morto con il finire degli anni ottanta. Linguaggi e personaggi circoscritti alla realtà regionale di appartenenza, prose in dialetto volgare che riavvicinano il genere alla realtà. L'intervento di Elisabetta Mondello diventa tramite ideale per il duetto tra Daniele Protti e Sergio Kraisky: il fascino della realtà raccontata attraverso la cronaca vera. A muovere il primo passo è il direttore del settimanale L'Europeo, che sposta la lente di ingrandimento su alcuni dei grandi delitti che hanno caratterizzato l'Italia del dopo guerra. Una nazione ormai libera dalla censura fascista che riscopre il gusto per il giornalismo di cronaca, quello vero, degli inviati illustri, quello che ora non si fa più. Protti ritorna sul caso Canali – Stampa, e sull'omicidio del bandito Giuliano, che proprio L'Europeo seguì con fare minuzioso, regalando alla storia della stampa italiana uno dei suoi titoli miliari ("Di sicuro c'è soltanto che è morto"). Il giornalista apre nuove porte e getta nuove esche nel dibattito, provando come l'italiano medio sia sempre stato affascinato dai casi di nera attraverso la rivisitazione del processo Montesi, dove ogni udienza veniva "scortata" da una folla curiosa e oceanica.
Il 2007 inoltre, è anno di anniversari: 50 ne sono passati dall'assoluzione di ogni indagato per il caso Montesi, 10 dall'omicidio di Marta Russo, 5 dal delitto di Cogne. Caso quest'ultimo, che prova come la fruizione dell'evento violento sia di fatto divenuto di dominio televisivo, lasciando la carta stampata sullo sfondo. Protti dice la sua sull'operato finalizzato all'intrattenimento messo in atto dall'avvocato Taormina, che trascina la sua assistita in tutte le trasmissioni tv, alimentando la dipendenza del telespettatore, che prova fascino morboso nei confronti di un evento pregno di mistero. Fiction e realtà quindi, zona franca ideale dove inserire la riflessione di Sergio Kraisky, che parte dal caso editoriale meglio conosciuto come Gomorra per spiegare come, scomparso il giornalismo di cronaca, l'indagine scomoda applicata a realtà quotidiane, debba necessariamente passare per gli scaffali delle librerie. Emblematica a tal proposito, la figura di Roberto Saviano, che per la sua prima fatica letteraria ha scelto di romanzare le strategie affaristico/criminali di quel "sistema" meglio conosciuto sotto l'accezione di Camorra. Fenomeno malavitoso padrone di tutti i gangli economici del campano e non, diviso tra silenzi mediatici, leggende da neomelodico e pose in stile gangster hollywoodiano. Un cerchio che si chiude quindi, un viaggio storico che parte dalla seconda metà del '700, passa per i Gialli Mondadori, vira nelle redazioni di nera, per ritornare nuovamente tra le pagine dei romanzi. Un percorso fuori e dentro i generi che, come ogni mistero che si rispetti, lascia in eredità tanti punti interrogativi ma anche una grande certezza: il nero fa parte della nostra storia e delle nostre trepidazioni, senza morte non ci sarebbe vita e senza noir non ci sarebbero emozioni.