Diretto da James McTeigue e sceneggiato dai fratelli Wachowski, V per Vendetta è una libera trasposizione del celebre e omonimo graphic novel di Alan Moore, da molti considerato il suo capolavoro. Come già accaduto per Sin City, il cinema contemporaneo torna a ispirarsi al mondo del fumetto per produrre un prodotto cinematografico dal forte impatto emotivo e artistico, questa volta grazie a una coproduzione anglo-tedesca. Ma, mentre nel caso di Sin City, lo stesso autore dell’opera originaria ha contribuito ampiamente al progetto rendendosi attivo dietro la macchina da presa, Alan Moore ha disconosciuto il trattamento cinematografico del suo lavoro - che infatti non riporta il suo nome fra i credits ma solo quello dell'illustratore David Lloyd.

A ben vedere, molti sono gli stravolgimenti della trama originaria imbastita da Moore nella sua opera, a cominciare dall’incipit e dalle sequenze temporali e storiche. Nel libro la vicenda era ambientata in una plumbea e violenta Inghilterra di fine anni ’80-inizio anni '90, con chiari riferimenti alla politica ultraliberista thatcheriana e alle sue derive distruttive, volte allo smantellamento del welfare. Il film, pur conservando l’Inghilterra come sfondo ideale di una storia che per molti versi riecheggia il 1984 di orwelliana memoria - complice forse la presenza di John Hurt, ancora una volta alle prese con un ruolo dittatoriale e sgradevole come lo fu, appunto, nella trasposizione cinematografica del romanzo di Orwell - sposta l’asse della riflessione politica sui primi vent’anni del 21esimo secolo, introducendo alcuni spunti più vicini alla nostra realtà contemporanea: la minaccia del terrorismo islamico, il costante clima di guerra e terrore indotto dai narcotizzanti mass media e dal governo per ottenere l’obbedienza assoluta delle masse, le epidemie batteriologiche presumibilmente diffuse dagli stessi membri del governo para-nazista per assicurarsi il controllo totale sulle persone.

Queste differenze, pur cambiando il senso generale dell’opera di Moore, rendono tuttavia il film ricco di riferimenti più o meno velati e non banali sulla realtà del mondo in cui viviamo: non è difficile infatti riconoscere una critica seppur blanda alla politica neocon degli Stati Uniti di Bush dietro l’apparato televisivo-militaresco costruito attorno alla figura del Cancelliere Supremo inglese e al suo onnipresente partito, preoccupato della “sicurezza dei cittadini” in nome della supremazia della fede (si sottintende quella mediatica, l’unica legittima in un mondo che non tollera la realtà tridimensionale nelle sue differenze).

Di fronte a tali cambiamenti di plot la figura di V, ex prigioniero della cella numero cinque in un campo governativo speciale destinato a esperimenti chimico-batteriologici volti alla creazione di armi di distruzione di massa, conserva tutto il fascino della creatura inventata dall'immaginazione di Alan Moore. Con la sua recitazione che molti hanno giustamente definito “shakespeariana”, Hugo Weaving ci regala un eroe per molti versi indimenticabile, rivelandosi finalmente in un ruolo che gli permette di unire le sue doti teatrali per il travestimento a una straordinaria capacità recitativa - che, ahimé, sarà difficile riscontrare nel doppiaggio italiano, cosa che rende la visione del film nell'edizione originale preferibile per chi ha il privilegio di conoscere la lingua inglese. L’idea di accostare V all’Edmond Dantès nato dalla penna di Alexandre Dumas aggiunge, ansiché togliere, un’aura da personaggio romantico d’altri tempi al protagonista, infondendo al film un’atmosfera gustosamente rétro rara nel cinema degli ultimi anni. Peccato che la tendenza per la spettacolarizzazione tipica dei Wachowski prenda il sopravvento nelle scene di combattimento, infarcite di musiche martellanti à la Matrix, coltelli saettanti e sangue a profusione che poco si addicono a un eroe mascherato e sognatore come V, idealmente più affine allo stile da Fantomas o Arsenio Lupin che all’iperbolica giostra tecnologica di un Neo dotato di pugnali.

Questa, oltre a un finale esageratamente spettacolare, è sicuramente la pecca più grande del film, per il resto pienamente riuscito (pur con le dovute differenze rispetto al libro), a cominciare dagli attori, tutti perfetti e convincenti - Natalie Portman è una brillante e commovente Evey, Stephen Rea un coinvolgente poliziotto che non ci fa rimpiangere la sua controparte fumettistica, nonostante la sua vicenda personale sia stata modificata di molto nella pellicola di McTeigue. A dispetto di quanto adirato possa apparire Alan Moore, V per Vendetta è un film che non delude nel suo complesso, restituendo anzi al cinema quel ruolo di spettacolo popolare e insieme impegnato che troppo spesso viene dimenticato da registi e produttori in nome del mero profitto. Non un capolavoro, insomma, ma sicuramente un film da vedere.