Straziami (il corpo…), ma il corpo saziami, magari di successo, anzi, magari di quel qualcosa che a volte lo rende possibile: l’ambizione.

Mica roba da poco questo Il cigno nero di Darren Aronofsky, regista dell’assai riuscito The Wrestler che elogiammo un po’ di tempo addietro.

Un balletto non è solo un balletto, ma lotte dentro e fuori. Le armi? La carne, le unghie, il sangue, armi che fungono da intermediari per approdare là dove tutti vorrebbero ma solo “uno”, in questo caso “una”, arriverà (ma a che prezzo!!).

Da un canovaccio che richiama certo Eva contro Eva, cioè a dire “allevare una serpe in seno” da un punto di vista, “spostati e fammi passare” dall’altro, e Scarpette rosse (danzare, danzare, danzare fino a…), Aronofsky spicca il volo capace di colmare la distanza necessaria per giungere fino al lato allucinatorio non di un “corpo da ballo” ma di un “corpo di ballo”, quello di Nina (Natalie Portman).

Compiuto il tragitto eccoci di fronte ad un neo-Cronenberg alle prese con una materia, quella degli sforzi volti al successo, che ben si presta a lasciare aperto il fianco alle intrusioni del lato oscuro che ogni successo si porta dietro sotto forma di paranoie legate alla paura di perdere quanto di faticosamente guadagnato.

Aronofsky sa come imprimere ad ogni immagine del film, ad ogni situazione, anche le più scontate (il rapporto odio-amore tra madre e figlia…), ad ogni più piccola sfumatura, una forza e una arditezza di notevole spessore fino ad elevare il risultato finale allo status di vera e propria “visione” di un percorso dove, esattamente come accadeva in The Wrestler, il sacrificio e l’autodistruzione procedono uniti fino a confondersi e dove il giudizio morale non può fare altro che ritirarsi con rispetto, mentre la mente continua a tornare su ogni singola scena come ipnotizzata.

Lodi sperticate a Nina/Natalie Portman (Golden Globe come miglior attrice protagonista di film drammatico), che ne ha fatta di strada da Leon. Quando fa la ballerina di talento frigida, quanto mai adatta per il Cigno Bianco, le crediamo. Quando deve scoprire dentro di sé la sua parte sensuale per il Cigno Nero, le crediamo. Quando crede a quello che vede tutt’attorno (e che forse non esiste…) le crediamo.

Insomma le crediamo sempre, e questo accade solo con le attrici grandi, anzi grandissime.

Anche l'Academy le ha creduto: Oscar come migliore attrice.