Ultimo viene Invasion. Trattasi, per l’appunto, del terzo remake del celeberrimo L’invasione degli ultracorpi (Don Siegel, 1956), e già oggetto di remake sia da parte di Philip Kaufman (Terrore dallo spazio profondo, 1978) che di Abel Ferrara (Ultracorpi-L'invasione continua, 1994). Oliver Hirschbiegel (regista del non trascurabile La caduta) chiamato a dirigerlo deve avere scontentato più di qualcuno perché il film è stato rimaneggiato dai fratelli Wachowski sotto la supervisione di James McTeigue. Riguardo al film difficile, verrebbe da dire, aggiungere qualcosa di nuovo ad un tema già ampiamente sfruttato, quello dell’alieno invasore che sotto forma di spora giunta sulla Terra (attaccata ai rottami del Columbia disintegratosi durante il volo di rientro) si sostituisce al terrestre inconsapevole fino a renderlo nottetempo, refrattario a qualsivoglia emozione. Difficile, certo, eppure Invasion riesce a sviluppare prima e a conservare poi una precisa identità che cancella quasi subito le remore di chi apprestandosi alla visione non si aspetta appunto più nulla di nuovo. Stavolta il livello di lettura per ovvi motivi esula sia dall’anticomunismo, sia dal maccartismo (le lettura preferite che accompagnarono il film di Siegel…). Ci sono sì accenni alla Guerra del Golfo (la seconda…), ma sembra di trovarsi di fronte ad una riflessione sul pericolo di essere risucchiati in quella zona grigia dove la moneta di scambio si chiama conformismo e dove scrittori come Corman McCarty (capaci di scrivere libri come Cavalli Selvaggi e Non è un paese per vecchi) sono banditi per sempre. Quello che funziona meglio però, grazie al vettore Nicole Kidman nei panni della psichiatra Carol Bennell mentre il suo partner, l’ultima incarnazione di 007, Daniel Craig, fa tappezzeria…), è il crescendo di indizi che qualcosa non va come dovrebbe, crescendo orchestrato assai bene (il marito che strangola l’affezionato cane, evento descritto attraverso le parole della moglie durante una seduta di psicoterapia con la Kidman, gli sguardi catatonici del vicino di casa, del bambino, del poliziotto…), talmente bene che si taglia a fette tanto è spesso. Impossibile rimanere indifferenti sia per coloro che si precipiterebbero nello schermo pur di tirare la Kidman fuori dai guai, sia per coloro (magari donne…) che rimarranno senz’altro colpite da quanto enorme sia la sua solitudine nel film. Due righe aggiuntive sulla creatura Kidaman sono d’obbligo: la sua figura, la sua performance, il suo essere adattissima a ruoli del genere, sempre in bilico tra il crollo totale e la resistenza ad oltranza, rappresenta da un lato la ricapitolazione complessa della virginale bionda hitchcockiana, e dall’altro la sua ovvia e inevitabile mutazione, creatura perfetta capace di vivere non solo due volte ma tre, quattro. Che coppia la coppia Hitch-Kidman sarebbe stata oggi…