Tra le iniziative in occasione del trentennale della scomparsa di Pasolini, una fra le più interessanti è la pubblicazione di questa cronaca a fumetti di Gianluca Maconi. Il delitto Pasolini è un'opera complessa, che pur nella sua brevità riesce ad avvicinare il lettore a questo intellettuale poliedrico; la cronaca dell'efferato omicidio sembra quasi un pretesto per parlare a tutto tondo dell'uomo e del suo pensiero.

La storia si apre con la ricostruzione dell'arresto di Pino Pelosi e della scoperta del corpo di Pasolini, con un calco perfetto dei telegiornali dell'epoca. Segue una parentesi con il dibattimento processuale circa la responsabilità di Pelosi, ma ben presto appare chiaro che l'interesse dell'autore non è tanto sugli aspetti giudiziari del delitto Pasolini (sui quali infatti sembra non voler assumere una posizione troppo netta), quanto sul significato di questa morte violenta.

Dal rigore dell'aula del processo il racconto passa infatti con un balzo improvviso a una specie di fiaba indiana, che vede Pasolini nei panni di un maharaja camminare nel suo regno fatato (anche se forse sono solo fondali di Cinecittà), fino ad arrivare in una landa desolata.

Un altro salto ed eccoci, con un flashback, a sentire la voce di Pasolini nell'ultima intervista rilasciata a Furio Colombo il giorno prima della morte. L'intervista, in un montaggio incalzante, alterna le parole di Pasolini a vari quadri raffiguranti eventi successivi al 1975 ma già tragicamente annunciati dalle parole dell'intellettuale. Dalla strage della stazione di Bologna alle Twin Towers, da Piazza Tien An Men al sequestro di Aldo Moro, non c'è aspetto della storia degli ultimi tre decenni in cui non si oda risuonare l'ammonizione severa di Pasolini sulla crisi della società. E nell'interpretazione di Maconi gli occhi del poeta si illuminano, per un istante, del riflesso di un presagio di morte: la propria morte. Forse Pasolini presagiva qualcosa, se al termine dell'intervista fu egli stesso a suggerire a Colombo il titolo per il pezzo: "siamo tutti in pericolo".

Poi via di nuovo al 2 novembre 1975, poche ore prima dell'omicidio, con vita e pensiero che si intrecciano ancora una volta in un'ultima chiacchierata a tavola con l'attore Ninetto Davoli.

Quel che avviene dopo sono solo fugaci flash muti che dettagliano il brutale omicidio del poeta. A parlare sono altre immagini, quelle delle tigri indiane e del maharaja, fino alla splendida tavola finale (si sarebbe tentati, senza alcuna blasfemia, di definirla "eucaristica"), che fa quadrare tutti i conti di una sceneggiatura pressoché perfetta.

In definitiva, dunque, una ricostruzione ottimamente documentata, che offre un punto di vista molto personale e toccante non tanto sull'omicidio, quanto sull'uomo che in questa morte ha trovato forse la sua opera d'arte più duratura.