Ho colto l’occasione per scoprire “L’affittacamere” di Valerio Varesi in occasione della recentissima ristampa della Mondadori. Non era il primo della serie ma poco importa, ogni storia può essere letta indipendentemente dalla cronologia della pubblicazione.  La vicenda si svolge a Parma nei giorni immediatamente precedenti alle feste di Natale, quando gli uffici della questura si svuotano per le ferie e sono in pochi a garantire la presenza. Fra questi Soneri, commissario scorbutico e solitario, che odia il Natale perché non ha da tempo una famiglia con cui festeggiare. Una vecchia signora denuncia la scomparsa di una sua amica, Ghitta Tagliavini, nota in città per aver tenuto per molti anni un’attività di affittacamere a studenti fuorisede, poi riciclata come albergatrice a ore. Garantisce riservatezza assoluta e molto altro.

La donna viene trovata uccisa in casa sua. L’indagine per il commissario Soneri sarà tormentosa da un punto di vista personale perché costretto a affondare in un gorgo di dolore: indagare i misteri nel passato giovanile di sua moglie, Ada, morta mentre aspettava la loro figlia. Soneri, allora giovane assistente di polizia, ha conosciuto Ada quando alloggiava nella pensione Tagliavini. Quale nesso c’è fra la morte di Ada e l’affittacamere? Contemporaneamente allo scavo interiore, Soneri nel cercare un movente all’assassinio dell’anziana donna si rende conto del mutamento sociale e antropologico avvenuto nella sua città e in quel quartiere in particolare. Parma, con le sue nebbie, sembra nascondere la sua trasformazione a chi non vuol vederla. Alcuni quartieri, un tempo popolari, sono stati abbandonati dagli abitanti storici per essere abitati da extracomunitari a mala pena tollerati, mentre la Parma “bene” continua a scintillare ricchezza e benessere nascondendo, almeno in parte, un’altra realtà per niente brillante.

Valerio Varesi è uno dei pochi giallisti italiani che sa rendere magistralmente la psicologia di tutti i suoi personaggi, compresi i minori. Come in un puzzle complesso, anche le tessere più piccole contribuiscono a rendere chiaro il disegno. All’Autore non interessa soltanto scoprire il responsabile quanto coglierne le motivazioni personali o sociali che l’hanno indotto all’azione. Nei romanzi di Varesi, dal punto di vista storico e sociale approfonditi come inchieste giornalistiche, non c’è mai la classifica fra i buoni e i cattivi, fra vittime e carnefici, ma la natura umana è colta in tutte le sue sfumature intermedie. La nebbia forse è una metafora delle contraddizioni dei personaggi.

Varesi è molto apprezzato in Francia e Belgio, dove ha vinto numerosi premi. Il personaggio da lui creato, Soneri, è un commissario di strada, per niente a suo agio con la tecnologia, che ama camminare nella città e incontrare le persone, alla maniera del celebre commissario di Simenon.

Lo stile di scrittura è intimista e riflessivo, senza inutili colpi a effetto, perfettamente in linea con la psicologia dei personaggi.

Per curiosità, dopo aver letto il romanzo, ho visto lo sceneggiato che ne fu tratto a suo tempo. Consiglio la lettura del romanzo bypassando la serie TV.

Il silenzio: la stessa definitiva risposta che si dava lui quando l’inconscio, nei sogni, lo spingeva a cercare la moglie e il figlio perduti. Si era abituato ad ascoltarlo come l’unica voce possibile. La più eloquente, la più chiara e spietata.”

Ogni delitto su cui ho indagato mi ha sbattuto in faccia la nullità delle nostre esistenze. Finora ho sempre cercato di far finta di niente, ma questa storia di Ghitta…”