Il titolo incuriosisce. Naspini ci spiega che nel linguaggio dei tombaroli della Maremma l’espressione significa tendere una trappola escogitata da qualcuno per far emergere chi fa il furbo, il doppiogiochista.
Un romanzo ambientato a Populonia negli anni Settanta del secolo scorso, quando le necropoli etrusche della Maremma toscana e della Tuscia laziale sono sistematicamente razziate da bande di tombaroli. Il commercio dei reperti, nel volgere di qualche anno frutta fortune che tirano su le sorti di tante famiglie di operai, fa fiorire il turismo e le attività economiche in generale. La storia inizia con Bardo, spirito intraprendente e dinamico che sa come muoversi, sotto terra e sopra. Impianta dal nulla, con la collaborazione di alcuni amici, una banda di tombaroli in cui ognuno ha il suo compito. Regola d’oro, non raccontare a nessuno degli scavi notturni e non avere un tenore di vita non confacente con il salario.
Gli affari vanno bene e la banda imbarca altri personaggi che gravitano nei paraggi. Accadranno tanti eventi, sia nella vita privata dei componenti che nelle dinamiche interne alla banda che ne metteranno alla prova la tenuta. Si può definire un giallo perché ci sono colpi di scena e un mistero la cui soluzione si svelerà nelle ultime pagine grazie appunto a una “bocca di strega” ben organizzata. Romanzo piacevole e ben scritto.
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