Opera prima dell’italo francese François Morlupi, del quale sarà in uscita fra due mesi un’altra storia. I cinque di Monteverde sono 4 poliziotti, due uomini e due donne più il commissario Ansaldi, tutti molto ben caratterizzati nei loro tratti psicologici, talvolta borderline. La storia è ambientata nel mondo del calcio delle squadre di serie minori, territori di nefandezze di ogni genere. Roma non è la città da cartolina di molti romanzi, di genere e non, ma è una città viva e vissuta, con il traffico impazzito, i parcheggi in tripla fila, i quartieri alto borghesi dei Pariolie quelli perifericidello spaccio e del degrado anche architettonico.

La trama è robusta e lo stile incalzante. Quello che mi ha colpito di più sono i cinque personaggi che indagano. Da qualche anno a questa parte nel giallo/noir si è visto un po’ di tutto: inquirenti dotati di poteri paranormali, personaggi storici erappresentanti di ogni professione e di ogni età trasformati in detective provetti. Nel romanzo di Morlupi invece i cinque sono banalmente dipendenti della questura, ma soprattutto sono raccontati nelle loro infinite debolezze. Ce n’è davvero per tutti a cominciare dall’ipocondriaco e ansioso patologico commissario Ansaldi, maniaco dell’ordine e dei controlli ripetuti, che ignora totalmente la tecnologia informatica e ama i libri di carta. Nel corso dell’indagine sembra sforzarsi di dominare le manifestazioni ansiogene frequenti. In ordine di comportamenti singolari, la viceispettore Eugénie, italofrancese, con forte senso della giustizia e delle istituzioni, dotata di grande intuizione sbirresca e efficacissima negli interrogatori degli indiziati perché con un’occhiata e frasi secche induce a rispondere anche il più reticente. Ma…la sua vita sociale e affettiva è inesistente, vive per il lavoro e non ha nessuna amicizia ma s’intende perfettamente con Ansaldi, che la stima e la tratta con fare paterno. Alerami è la poliziotta buona e bella, asso della grafica nel fare gli identikit dei sospettati, che aspira a fare carriera e studia per il concorso. Infine i Ringo Boys, chiamati così perché uno è bianco e uno nero. Leoncini è un africano bellissimo, appassionato di storia del nazismo, ex latin lover approdato a una tranquillità sentimentale. De Chiara è un patito del calcio, praticato ma soprattutto guardato, al punto da farlo diventare una religione. Tutti insieme fanno un corpo unico, una squadra vincente. I delfini che mettono in fuga i pescecani, appunto.

Indovinata la copertina. Colorata la parte superiore, che rappresenta una strada con un’auto e un passante, grigia e nera quella di sotto: a un primo colpo d’occhio sembra speculare all’immagine superiore ma non lo è.