Un "giallo" classico, un "noir" americano, vissuto dal suo autore in prima persona. James Ellroy, il re del "poliziesco" a tinte fosche, lo scrittore della cruda realtà in cui la violenza e una sensualità malata s’intrecciano strettamente. Una specie di Hammett di fine millennio, che dal creatore dell'"hard boiled"» ha saputo recepire i dialoghi scarni e le descrizioni in cui si avviluppano realtà e fantasia letteraria.

Chi ha letto i suoi primi romanzi - Dalia Nera, Il grande nulla, Los Angeles strettamente confidenziale, ambientati in una Hollywood allucinante degli anni '40 e '50 -, si sarà chiesto da dove scaturivano quei ritratti così cupi e violenti, quelle atmosfere claustrofobiche, quella brutalità sconvolgente ma, al tempo stesso, coinvolgente.    

Provenivano da un "visionario"? Da un macabro gusto del romanziere? Da una mente ipersensibile o malata?

La risposta è fornita dallo stesso Ellroy con il suo o libro, fortemente autobiografico, dal titolo I miei luoghi oscuri. Scritto e vissuto come un incubo senza fine, come un'indagine scioccante - e indiscutibilmente vera - a ritroso nel tempo. Narrato con il solito stile, dalla prosa dura e telegrafica, d’alta intensità emotiva.

A cominciare dall'incipit: "La trovarono dei ragazzi...". 

Chi trovarono, dove e quando? La Dalia Nera, al secolo Geneva Hilliker Ellroy, scomparsa dalla sua casa di Del Monte - un sobborgo di Los Angeles - la notte del 21 giugno 1958, e brutalmente assassinata. La madre di James Ellroy, lui all'epoca aveva 10 anni. Era appena tornato da un week-end col padre quando un poliziotto gli disse "Figliolo, tua madre è stata uccisa." Lui non pianse. "Devo dire la verità, due secondi dopo mi misi a scherzare."

Questo non è il solito "noir", ma un vero "poliziesco" in cui al posto del classico detective l'indagine è condotta in prima persona da Ellroy. L'inchiesta alla fine non chiarirà la causa del crimine, né giungerà a identificare l'assassino, non era questo lo scopo dell'autore. Ma quello di "riscoprire" sua madre: "Moristi stupidamente... La tua morte definisce la mia vita [...] Ora sono con te. Sei corsa e fuggita e io ti ho ritrovata [...] Posso sentirti. Mi sfiori. Te ne sei andata e io ti voglio ancora di più."

My Dark Places, come reca il titolo originale, è stato scritto con frenesia per giungere rapidamente a misurarsi in questa prova suprema: narrare la "vera storia" della donna dalle chiome fulve che non ha mai smesso di affascinarlo. La venere dal profumo penetrante che fumava sigarette L&M, che beveva bourbon marca Early Times, che morì come la Dalia Nera. Ed il cui cadavere ridusse l'allora pre-adolescente James in una larva umana.

Un effetto devastante che provocò ferite non cicatrizzabili nell'anima e nel corpo del giovane Ellroy, trasformandolo in un piccolo delinquente alcolizzato.

A 17 anni beveva vino da bottiglie di plastica e si drogava rompendo inalatori di benzedrina, ingoiandone il contenuto.

Finì in una casa di cura, a causa delle "voci" che gli rodevano la testa. Alla fine gli diagnosticarono un danno permanente al cervello. Ne uscì nel 1977. Gli bastarono dieci anni per trasformarsi nel celebre scrittore "maudit" del "poliziesco hard". Altri dieci, ed Ellroy decise di tornare "sul luogo del delitto" per tentare di risolvere - aiutato da un detective - il "vecchio caso" che lo riguardava.

Nasce così I miei luoghi oscuri, un'immersione totale, e fatale, nel ventre molle dell'America e in un'anima, la sua, in cerca di pace. Un testo delirante, un "viaggio nell'incubo", la prova e l'onere supremo di Ellroy. Abituato a far vivere ai lettori veri brividi tra cadaveri, delitti brutali, sesso allucinato, violenze e pericoli vissuti indistintamente da psicopatici, maniaci sessuali, vittime, investigatori, criminali, prostitute e uomini comuni.

Uno spaccato degli USA anni '50, dove già non si sapeva vivere senza autolesionarsi.

Misteri e marciumi che culminano in notti agghiaccianti e brutali. In esse Ellroy è vissuto e ama indugiare, poiché del Male si è fatto una ragione, fino a considerarlo un ineluttabile motore di questo sporco mondo. E' questo il narratore di White Jazz, Prega detective, e di I miei luoghi oscuri.

Un James  Ellroy  che  mai  credette  alle  parole  di suo padre, che della moglie disse: "Una p... alcolizzata." E di cui ora ha voluto, crudelmente e, forse, autolesionisticamente, ripercorrere le tracce. In cerca di se stesso.