Nell'editoria italiana è davvero raro avere un personaggio ricorrente che possa festeggiare 25 anni in edicola: Chance Renard, il Professionista, può festeggiare questo traguardo, insieme al suo autore Stefano Di Marino, che dal 1995 si firma Stephen Gunn nella collana "Segretissimo" (Mondadori).

Ho intervistato l'autore per sapere cosa si provi ad essere così tanto tempo una presenza costante nelle edicole.

7 maggio 1995, esce in edicola Raid a Kourou: il primo romanzo con protagonista Chance Renard. Quanto eri emozionato quel giorno?

Era una grande occasione. Avevo già pubblicato diversi romanzi ma una serie “mia” ancora non l’avevo. Di certo non potevo immaginare che questa avventura sarebbe durata così a lungo e con tanto successo. Era l’occasione di iniziare un discorso continuativo sul pulp in generale, perché, e credo che i lettori più attenti lo sappiano, il Professionista è una serie di spionaggio ma anche qualcosa di più. Un personaggio che fa da contenitore e può essere al centro di intrighi molto differenti che mi consentono di sperimentare, di fare un discorso sulla narrativa di genere, sempre rimanendo nei parametri della rivista.

In copertina il nome dell'autore era riportato "Stephen Gunn". Cosa hai provato a trovare una tua opera in vendita… firmata con un nome diverso?

Stephen Gunn era lo pseudonimo con cui avevo già pubblicato Pista cieca negli Oscar Mondadori. Per la verità credo che l’idea di firmare con uno pseudonimo straniero il Professionista sia stata giusta. Adesso tutti lo sanno chi ero, ma ai tempi era diverso. La spy story aveva un pubblico abituato a leggere anglosassoni e francesi e forse anche oggi è così. Aderire a una formula che poi era quella del pulp mi ha aiutato a vincere alcuni pregiudizi. Poi ho visto che le storie, di qualsiasi tipo, anche quelle di Gangland ambientate in Italia, il pubblico le ha accettate. A volte, soprattutto in queste collane, è importante conformarsi a una forma, a una immagine per poter veicolare dei contenuti differenti. Se la storia è buona il pubblico l’accetta.

All'interno era riportato il titolo originale del romanzo, "Breathin' Fire". Chi sceglieva questi pseudo-titoli inglesi? Qualcuno ha mai scritto in redazione chiedendo maggiori informazioni sui questi misteriosi titoli?

Sceglievo tutto io. Breathin' Fire era il titolo di un film con Bolo Yeung, figurati… Credo che all’inizio il pubblico abbia accettato l’idea che fossero dei romanzi tradotti. Internet era ancora non molto diffusa e non nera facile stabilire la verità. Un gioco divertente.

Già a settembre del 1995 esce la seconda avventura. Era previsto sin dall'inizio o la Mondadori te l'ha chiesta dopo il successo della prima?

No, fui io che, quando mi chiesero di scrivere una serie che potesse accostarsi a SAS chiesi di avere un contratto per tre romanzi da pubblicarsi in tempi brevi. Avevo lavorato in redazione a sufficienza per sapere che il successo delle serie dipende anche dalla possibilità di uscire con una periodicità serrata. Un romanzo ogni diciotto mesi la gente se lo scorda. Bisogna mettere il lettore in condizione di chiedere all’edicolante l’ultimo Professionista uscito, senza badare al titolo. Finalmente oggi con “Il Professionista Story” e le tre novità in collana sono riuscito a realizzare questa continuità.

Ti ritrovavi in una collana che presentava romanzi di James Bond e le avventure di SAS, personaggio che dagli anni Sessanta è re assoluto di "Segretissimo". Come sentivi questa concorrenza?

Più che concorrenza, il mio era un apporto alla collana. Di fatto "Segretissimo" si è sempre basato sugli eroi d’azione. All’epoca le serie più famose avevano chiuso e restava solo SAS, affiancato dai nuovi Bond apocrifi. Mi fu chiesto di creare una serie nuova. Avevo bene in mente che al modello originale bisognava apportare delle novità come era accaduto con SAS. Per cui iniziai il mio percorso piuttosto sicuro su quale dovesse essere la strada.

Una decina d'anni dopo è caduto il velo e insieme agli altri autori "sotto copertura" hai svelato la tua identità dietro lo pseudonimo anglofono in copertina: com'è stata questa esperienza? Pensi che i lettori abbiano visto con occhio diverso Chance, sapendolo più italiano?

Non credo ci siano state eccessive diffidenze. Il nome sulla copertina è rimasto Gunn perché non avrebbe avuto senso. Con Gangland, che viene ristampato proprio in questo mese, affrontai il rischio di venire allo scoperto con una storia italiana. Infatti Milano diventava un non-luogo con i nomi delle strade differenti. Ma era Milano e la gente l’ha apprezzato. Pensa che prima avevo proposto questo romanzo a un altro editore che lo aveva rifiutato dicendo che… in Italia certe cose non succedono. Il successo delle avventure italiane del Prof è la più bella rivincita.

Arriva poi "Il Professionista Story", collana antologica che ripropone in ordine cronologico le avventure già apparse in edicola ma affiancandole anche a storie inedite. Cosa si prova a vedere ogni tre mesi in edicola questa pubblicazione?

Penso che sia stato un ottimo colpo anche per sorreggere la serie principale. Al di là che è una soddisfazione vedere le vecchie storie ancora in edicola. Ti rendi conto che hai successo quando cominciano a ristamparti. E poi c’è la possibilità di riempire dei buchi narrativi rimasti nella prima serie.

Dopo vent'anni e decine di romanzi (per non parlare dei tantissimi racconti) Chance Renard è in edicola almeno due volte l'anno e procede a testa bassa nella sua missione: qual è il segreto di un successo così duraturo?

Per la precisione ci sono tre nuovi episodi in collana e quattro ristampe con gli inediti. Io credo che la ricetta giusta sia quella di non essere mai troppo prevedibili. Come dicevo il Professionista è uno studio sulla narrativa avventurosa con un protagonista che può essere al centro di avventure anche molto diverse. Di solito in ogni annata ci sono storie di puro spionaggio, altre di avventura esotica, altre ancora che sfiorano il noir ma sempre con lo stesso ritmo sostenuto che è il segreto della collana che quest’anno compie 60 anni.

Non esisterebbero le avventure di Renard senza una donna co-protagonista, o a darne l'avvio o a ostacolarla. In questi vent'anni quali sono i personaggi femminili che più ti sono rimasti nel cuore?

Di certo Antonia Lake che è un po’ il doppio femminile del Prof, una ragazzaccia che era una cattiva in Vlad ed è diventata… be’ non esattamente una brava ragazza, ma una alleata nella serie regolare. Poi c’è la Bimba che era una ragazzina di Gangland un po’ viziata che voleva vivere con i banditi e alla fine c’è riuscita. Quando ci sono loro le vendite salgono invariabilmente.

E i personaggi maschili che più ti sei divertito a scrivere?

Di certo dei nemici come Lucifer, il generale Morte Bianca e Raven. Però ho un particolare affetto per Bruno Genovese che è stato protagonista di Ora zero e Sole di fuoco, e adesso è un po’ il Prof più vecchio. Quasi un padre vicario.

Come festeggerai questo anniversario?

Con una iniziativa che sto preparando, ma è ancora presto per parlarne… stay tuned ;–)