Avvalendosi del libro di Stephen Rebello [Come Hitchcock ha realizzato Psycho, 1990; Il Castoro Cinema 1999, 2008] e della sceneggiatura di John J. McLaughlin [autore de Il Cigno Nero e dell’imminente Parker, tratto dai romanzi di Richard Stark], Sacha Gervasi [regista esordiente] ha quindi iniziato il suo personale viaggio di ricerca, perlustrando gli archivi alla caccia di tutto ciò che potesse fornirgli informazioni sul rapporto fra Alfred Hitchcock e Alma Reville, usando l’intuito quando non aveva a disposizione dati oggettivi. Hitchcock aveva fornito alcune indicazioni sulla sua vita privata, ma i suoi film traboccavano di emozioni talmente umane, quali la gelosia, il sospetto, l’invidia e il desiderio, che non c’è dubbio che la sua psicologia fosse ben più complessa di quel che voleva dare ad intendere. Lui stesso una volta affermò: «I film dovrebbero essere più forti della ragione». Gervasi ha cercato lo stesso approccio originale per comprendere il lato umano del regista.

«Ancora non sappiamo molto di Hitchcock», osserva Gervasi. «Era riuscito a creare un personaggio di se stesso assai articolato, buffo, dall’umorismo asciutto, e non rivelava mai nulla del suo vero io. Era incredibilmente costruito. Non lasciava trapelare nulla, quindi mi intrigava l’idea di riuscire a fare un film sulle emozioni di una persona che non tradiva mai le sue».

         

La ricerca di Gervasi lo ha convinto del fatto che nel 1959, dopo la première di Intrigo internazionale [North by Northwest], da tutti considerato il thriller più raffinato e più popolare che il regista avesse fino ad allora girato, Hitchcock e Alma si trovavano ad un bivio. «Penso che Hitchcock fosse pronto per qualcosa di forte. Non voleva certo continuare a fare film sul genere di Intrigo internazionale, che lui stesso definiva “semplici come un bicchiere d’acqua”: pellicole suggestive e romantiche, ben interpretate da star del cinema del momento ed eleganti. Hitchcock voleva di più, e così è nato Psycho».

Tuttavia Alma stava attraversando una fase diversa. «All’inizio della storia la donna rivela di sentirsi poco apprezzata da suo marito. Il desiderio compulsivo di quest’ultimo di realizzare Psycho a dispetto di tutte le difficoltà, lo aveva reso un po’ egoista», spiega il regista. «Tuttavia, nel corso della storia, Alfred si rende conto di quanto sia preziosa sua moglie, di quanto possa sempre contare su di lei, anche se lo fa nel suo modo freddo e contenuto».

Continua Gervasi: «È proprio questo secondo me che la rende una storia d’amore tanto forte. Penso che a tutti noi sia capitato di renderci improvvisamente conto che la persona che abbiamo accanto da anni e che diamo per scontato, in realtà ci ha accompagnato in tutte le nostre vicende, anche quelle più difficili. Questa storia riguarda un famosissimo filmmaker e un altrettanto famoso film, ma i sentimenti di cui si parla sono assolutamente comuni e molto umani».

Ma per mettere in scena questi sentimenti reali e umani, Gervasi ha evitato il sentimentalismo che lo stesso Hitchcock detestava. Ha scelto invece un tono leggero e quasi irriverente che gioca con le piccole manie del regista e i suoi imperturbabili ma spesso rivelatori scambi di battute con Alma.

«Ho cercato di catturare il suo spirito. Di Hitchcock mi piace il modo in cui ha parlato della vita, della morte, del sesso, della maternità, e degli omicidi: in tutto c’era il suo atteggiamento distaccato e spiritoso. Questo è quindi lo spirito con cui ho trattato il materiale che avevo a disposizione», spiega. «Abbiamo avuto l’occasione di fare luce sulla loro partnership, sulla sua idea del matrimonio, sulle sue difficoltà ad esprimersi. Ma non credo che ci sia sempre bisogno di essere seri per essere profondi. E qualche volta attraverso la commedia e la leggerezza, si possono toccare argomenti davvero profondi».

          

Psycho, il film che nell’immaginario ha lasciato un segno indelebile nelle moderne culture, ha fornito l’ennesimo pezzo per il puzzle di Gervasi. Quando Hitchcock ha iniziato a girare Psycho, non c’era nulla che avesse lasciato intentato nei suoi precedenti 46 film che vanno dalle commedie spensierate alle grandi prove di regia, dai film ricchi di suspense agli affascinanti drammi psicologici. Aveva persino una popolare serie TV dal titolo Alfred Hitchcock Presenta..., tuttavia insisteva sul concetto di dover “ricaricare le batterie”, come era solito dire, e di fare qualcosa di completamente diverso.

Hitchcock diceva che «lo stile è auto-plagio»: per questo voleva sorprendere e scioccare il pubblico in modo completamente inaspettato, e scuotere il mondo del cinema ormai popolato da giovani ed emergenti registi. Con Psycho si sarebbe spinto oltre i suoi limiti. Avrebbe esplorato nuovi abissi di terrore psicologico, si sarebbe auto finanziato, avrebbe combattuto la censura e aggirato i modelli standard a cui un film doveva adeguarsi per poter uscire sullo schermo. E con l’aiuto di Alma nel ruolo di scrittrice e montatrice, è riuscito a realizzare la sua idea.

Dice Gervasi di Psycho: «Il film tratta l’aspetto primordiale e inconscio che esiste in tutti gli esseri umani. Tutti noi abbiamo problemi con i nostri genitori, tutti noi lottiamo con il bene e il male, tutti noi temiamo la morte. Il film esplora il lato più oscuro della natura umana. Aggiungete a tutto questo Anthony Perkins che accoltella la gente travestito da vecchia signora, follia omicida e hotel misteriosi. E con questi ingredienti ecco un un film di grande intrattenimento che, a distanza di 52 anni, ancora elettrizza il pubblico».