Come molte trilogie, anche quella di Richard Dübell non era nata come tale. Dopo però il grande successo, sia in patria che all’estero, del romanzo di largo respiro La Bibbia del Diavolo - che ha stuzzicato la curiosità del celebre Ken Follett, il quale si è complimentato di persona con l’autore - e la pressione dei fan, lo scrittore bavarese non ha potuto esimersi dal percorrere una strada comune a molti autori di successo: la trilogia.

Il Testamento di Satana (Die Wächter der Teufelsbibel, 2008) è quindi il secondo episodio di una trilogia che, onestamente, può benissimo in seguito trasformarsi in tetralogia, pentalogia e via dicendo: il bello della storia passata è che ha materiale per romanzi infiniti.

 

Come si evince dal titolo originale (“I custodi della Bibbia del Diavolo”) più che di un testamento (che comunque c’è) in questo romanzo di largo, larghissimo respiro si raccontano le vicende non solo dell’appropriazione ma anche dell’uso della terribile Bibbia che il Diavolo ha lasciato agli uomini.

Ricordiamo che il Codex gigas è un testo medievale realmente esistente - blindato nella Biblioteca Reale di Stoccolma - un tomo enorme (da cui il nome latino) difficile da trasportare e da consultare, che raccoglie una Bibbia e molti altri testi ma che è passato alla storia per una sola particolarità: è l’unica Bibbia in assoluto ad avere un’intera pagina dedicata da un ritratto di Satana. Ovviamente questa peculiarità ha acceso le fantasie per secoli, dando vita a varie storie e leggende (che vedremo in un futuro speciale degli Pseudobiblia dedicato alla Teufelsbibel).

La bellissima e intraprendente Polyxena von Lobkowicz (per gli amici Diana!) appartiene al casato di Pernštejn, il nome anche del castello in Moravia dove la Bibbia del Diavolo è giunta dopo le peripezie raccontate nel precedente romanzo. La donna fa rubare (al prezzo di sangue non suo) l’oggetto tanto ambito perché vuole decifrarlo ed usarlo per conquistare il potere. Il precedente proprietario, l’estroso e deviato Rodolfo II, non era in grado di usare al meglio quella Bibbia: Diana invece ha imboccato la strada giusta. «Gli uomini devono credere in qualcosa. Non si può credere nella scienza. Dio però si è ritirato, e l’insegnamento di Cristo è diventato una perversa dottrina di vecchiacci affamati di potere. Restituirò all’umanità la fede, la fede nell’unica potenza che fin dalla notte dei tempi ha avuto a cuore il destino dell’uomo, cercando di portarlo dalla sua parte».

Va ricordato che gli eventi si svolgono nel 1612, non solo all’alba di una lunga guerra (quella in seguito chiamata Guerra dei Trent’anni) ma anche in un tormentato periodo di lotta all’interno della Chiesa fra cattolici e protestanti. «La Chiesa cattolica è finita. Il papa è un uomo confuso, e i suoi rappresentanti più importanti sono già tutti passati alla vera fede».

In questo contesto il Codex gigas può contenere un’arma potente per le mani di chi sarà in grado di essere così ardito da leggere, decifrare ed usare il Testamento di Satana.

 

Tra personaggi realmente esistiti - come la spietata Diana: «Il codex le scorre nel sangue» si dirà di lei - e invenzioni letterarie - come Wolfgang, «esperto nel far ritrovare la fede», novello custode della Bibbia del Diavolo - il romanzo spazia per territori forse inusuali per la letteratura a cui siamo abituati: l’Est europeo del Seicento è un territorio affascinante e spietato, denso di avvenimenti rutilanti che sembrano nati per finire in un romanzo.

Cosa ci riserverà dunque Dübell nel terzo episodio della saga, Die Erbin der Teufelsbibel (“L’erede della Bibbia del Diavolo”), edito nel 2010 in patria? Non resta che attendere il lavoro della Piemme Editore.