Primo giorno di incontri al convegno letterario italo-cinese Il Noir a confronto. Alle ore 17.00, presso il teatro dell’Istituto di Cultura dell’Ambasciata Italiana a Pechino il tema è stato “Scrittori o scrittori di gialli? Quando il genere sta stretto all’autore”. E di generi letterari, schemi e definizioni si è infatti parlato con i due autori italiani Bruno Morchio e Giorgio Faletti, e lo scrittore cinese Qiu Xiaolong. Ha mediato durante tutto l’incontro Alessandro Vaccari, che è entrato sin da subito nel vivo del dibattito.

Nelle diatribe tra scrittori, e non solo, da sempre il punto di partenza è la definizione del genere (o del “sottogenere”, a detta di altri) noir e come si debba porre uno scrittore di fronte al genere letterario di cui si occupa.

Forse parlare di genere è già qualcosa di superato. Bruno Morchio pensa che si dovrebbero fare due diversi discorsi: da una parte c’è la distinzione tra buoni scrittori e cattivi scrittori, dall’altra ci sono invece le richieste del mercato e dei lettori. Da psicologo – lo è per professione - analizza il problema della fedeltà al genere più come una necessità del lettore di continuare a nutrirsi di una determinata tipologia di letteratura, piuttosto che una vera identità dello scrittore stesso.

Puntuale arriva una domanda dal pubblico: si chiede a Morchio se tra i suoi pazienti ve ne sono alcuni che leggono i suoi libri e se l’autore qualche storia “lavorativa” per scrivere romanzi. Il rischio, secondo Morchio, è che un paziente possa identificarsi con i personaggi dei suoi racconti. E certamente “lo scrittore è un vampiro”, nel senso che si nutre di tutto ciò che gli capita intorno nella vita reale, comprese le storie private di amici, parenti, colleghi. E pazienti.

Secondo Qiu Xiaolong, il genere indica invece semplicemente la forma da utilizzare per scrivere delle cose di cui ci si sta occupando. Il noir, secondo l’autore, fa esattamente al suo caso per parlare delle complesse problematiche sociali cinesi che l'autore cinese ama descrivere. Una Cina (o meglio, una Shanghai, sua città natale) che descrive da lontano, dagli Stati Uniti dove vive e lavora da molti anni. Secondo l’autore, proprio questo è un punto di forza della sua scrittura e uno dei piccoli segreti del suo successo: vivere fuori dalla Cina paradossalmente consente di osservarla meglio. Basta pensare ai molti siti censurati dal Partito quando ha necessità di fare ricerche in rete per arricchire la trama dei suoi gialli. Il suo editore cinese gli ha peraltro confessato che molte sue pubblicazioni fatte in Cina sono state rese possibili dal fatto che Qiu Xiaolong stesso sia ormai considerato un “personaggio americano”, dunque straniero e non più esattamente cinese.

Alessandro Vaccari chiede all’autore che tipo di Cina venga fuori agli occhi di un lettore americano dei suoi romanzi. Qiu Xiaolong non è certo di dare un vero aiuto agli americani che leggono i suoi libri nel capire, o anche solo conoscere, il gigante asiatico. Di sicuro ciò che scrive stimola l’interesse e la curiosità di moltissimi lettori stranieri per la Cina, in generale, e per Shanghai, più nello specifico. Ci tiene infatti a sottolineare che non sono poche le amicizie che ha stretto tra i suoi lettori negli Stati Uniti, grazie alle sue appassionanti descrizioni di luoghi e persone della Shanghai di ieri e di oggi.

Decisamente diversa è invece l’esperienza e la formazione di Giorgio Faletti. Eclettica, per usare un eufemismo. Una vita dedicata alla ricerca e all’uso di forme di comunicazione. La musica, in primis, ma anche la scrittura di sketch comici, la tv, lo spettacolo, il cinema, il canto. Per poi approdare al romanzo giallo. Certo non ha perso la sua vena comica (di cui anzi si vanta): Faletti non impiegherebbe molto a diventare persino sinologo, a giudicare dallo scambio di battute durante tutta la conferenza con l’ottimo interprete cinese.

A suo avviso, è sempre difficile chiudersi negli schemi del genere e delle definizioni. Se prendiamo la comicità, ad esempio, è facile e giusto ritrovarla anche nel genere noir e nei romanzi d’orrore. La comicità  non solo secondo Faletti - fa infatti parte della vita e non fa certo strano ritrovarla anche laddove si parla di male e di nefandezze che ben poco hanno di comico.

Infine, svela anche (per così dire) una sua personale tecnica da romanziere noir: riguardo al rapporto tra letteratura e cinema, nel suo caso non è il libro a venire prima del film. E’ il film invece ad apparire nella sua testa sotto forma di immagine da cui partire per descrivere le varie scene che intende raccontare.

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