Sottogenere di nicchia ma con un numero di appassionati in crescendo, il medical thriller è figlio della modernità e delle paure ataviche a questa collegate. Ne esistono sostanzialmente due tipologie, il medical thriller di detection dove la classica figura dell’investigatore della detective story è incarnata da un addetto ai lavori di ambito squisitamente medico (Kay Scarpetta, il personaggio simbolo di Patricia Cornwell per fare un solo esempio) che risolve i casi con gli strumenti della medicina legale, e quello contaminato con il genere catastrofico/apocalittico dove l’assassino misterioso cede il posto a complotti su vasta scala dove regnano virus geneticamente manipolati e medici criminali (scrittori come Richard Preston e John Case). In ogni caso tranquilli, vinciamo sempre.

Si dice che all’inizio del contemporaneo medical thriller si legga il nome di Robin Cook, vero medico specializzatosi ad Harvard che dal 1977, anno di pubblicazione di Coma, domina la scena mondiale con un vasto seguito di lettori in tutti i paesi del mondo. Vero, ma in letteratura, soprattutto in quella di genere, esistono sempre dei pionieri oscuri che spianano la strada. Nel nostro caso occorre ricordare, tra i padri fondatori i nomi di Jacques Futrelle (1875-1912), americanissimo a dispetto del nome, dell’inglese Richard Austin Freeman (1862-1943) e di John Blackburn, anche lui inglese, classe 1923 e tuttora vivente. Sono costoro, infatti, che hanno introdotto nel genere le prime figure di “investigatori scientifici” che si avvalgono degli strumenti della medicina e discipline correlate. Il personaggio di Futrelle (scrittore perito immaturamente nell’affondamento del Titanic) si chiama Augustus S.F.X. Van Dusen, giustamente soprannominato “la Macchina Pensante” per la sbalorditiva intuizione con cui coniuga le conoscenze di balistica, ematologia e tutte le scienze esatte che cominciavano all’epoca a farsi strada anche nella narrativa. Sulla stessa linea è l’eroe di Freeman, autore che come spesso capita in questi casi è stato un autentico medico, laureatosi al Middlesex Hospital Medical College e specializzato in otorinolaringoiatria: il suo investigatore scientifico è il dottor John Thorndyke, protagonista di dieci romanzi e quarantadue racconti, in cui i metodi della medicina legale studiati all’università vengono applicati nella finzione letteraria.

Ma Thorndyke non è solo un medico, perché vanta un’enciclopedica cultura che abbraccia l’astronomia, la botanica, l’antropologia, l’entomologia, la biologia e altre materie ancora. In pratica, quasi tutto lo scibile che fa di lui un investigatore a 360°. Ma il vero investigatore scientifico pre-moderno è il microbiologo Sir Marcus Levin creato da John Blackburn, scrittore trascuratissimo in Italia e il meno “definibile” in quanto genere, al punto che i suoi unici tre romanzi tradotti (che oggi non avremmo dubbi a classificare “medical thriller”) sono stati pubblicati via via in Urania, collana di fantascienza (La morte viene col vento, 1959), nella Collana “Arcano” della Nord specialzzata nell’horror (Solo la notte, 1973) e nei Gialli Longanesi (Lo scienziato e il diavolo, 1975), il che dimostra che già in tempi passati ci si divertiva a confondere le idee su quell’impervio terreno che oggi chiameremmo “contaminazione”. Peraltro Sir Marcus, maturo uomo di scienza, che spesso deve lavorare su enigmi all’apparenza soprannaturali, riconduce sempre il mistero nella dimensione del razionale, non traslasciando di strizzare l’occhio proprio ai cultori di generi contigui come la fantascienza o l’horror.

Il medical però decolla alla grande, con delle precise coordinate di definizione, alla fine degli anni Settanta con il romanzo Coma di Robin Cook, brillante laureato alla Columbia University che raccoglie l’intuizione appassionante di Michael Crichton magnificamente espressa in The Andromeda Strain (lavoro del ‘70 divenuto celebre grazie a un magnifico film di Robert Wise, Andromeda), dove i personaggi e l’ambiente medico nonché la lotta contro il tempo per scongiurare lo scatenarsi di un virus apocalittico proveniente dallo spazio fanno ben capire che certi temi possono divenire trasversali ai generi e transitare con successo dalla fantascienza al thriller. E non sarà un caso, infatti, che proprio Michael Crichton si occuperà della regia nell’adattamento cinematografico che fa seguito al romanzo di esordio di Cook, film conosciuto in Italia come Coma profondo, appassionante suspense che brancola nel lato oscuro della medicina laddove una giovane e brillante dottoressa scopre un terribile traffico di organi all’interno della struttura ospedaliera in cui lavora. Dal 1977 a oggi l’opera di Robin Cook ha raggiunto dimensioni ragguardevoli con la media di un’uscita all’anno, un corpus librario in cui lo scrittore batte tutte le vie percorribili nel medical thriller, dalle contaminazioni accidentali ai virus di massa, da oscure macchinazioni ordite in nome del business alle mostruosità genetiche, per arrivare persino a una curiosa invasione extraterrestre in cui gli alieni altro non sono che virus che si espandono con esiti mortali all’interno degli organismi umani (Invasion, divenuto anche un miniserial TV nel ‘97 diretto da Armand Mastroianni).

E, come sempre capita in letteratura, Cook lancia un sasso nello stagno, aprendo la via a un sottofilone che, proprio come un virus, è in grado di replicarsi e mutare, abbinando per esempio, come farà Patricia Cornwell, il genere più propriamente medical a quello dei serial killer.

A molti scrittori di rango capita, soprattutto se ci si muove con abilità tra scienza e fiction. Nell’anno Duemila, subito a ridosso di Sindrome fatale, Robin Cook tornò in libreria con Vector – Minaccia mortale, dove il nemico biologico di turno era il micidiale virus dell’antrace che iniziava a mietere vittime negli Stati Uniti perché spedito per posta a ignare vittime. Se vi ricorda qualcosa, non state sbagliando, ma attenzione: la piaga dell’antrace negli USA e la conseguente paranoia che colpì anche l’Europa, Italia non esclusa, ebbe inizio a ridosso dell’11 settembre del 2001 e per parecchi mesi, lo si ricorderà, si seguirono piste investigative in un un’unica direzione, quella del terrorismo fondamentalista di matrice islamica, mentre invece la chiave del mistero era squisitamente americana. Quasi un colpo di genio preveggente da parte di Robin Cook… A proposito, quanti sanno che lo straordinario scrittore di noir Derek Raymond, prematuramente scomparso alcuni anni fa, si chiamava in realtà, pure lui, Robin Cook (era nato a Londra nel 1931, ma era molto poco inglese nelle sue opere) e fu costretto un po’ a malincuore a ripiegare su un “nom de plume” che forse neppure gradiva? Così è; e quanti invece ricordano che, subito al suo secondo libro, il Cook americano tentò di svincolarsi dal medical, forse temendo di restarne ingabbiato, con L’ombra del faraone, un thriller archeologico che intendeva speculare sulla mitica maledizione di Tutamkhamon e che venne accolto molto tiepidamente dal pubblico? Neppure il film di Franklin J. Schaffner (Sphynx del 1981) fu in grado di risollevare le sorti del Cook “egittologo” e il nostro tornò subito, e per sempre, a occuparsi del tema principe della sua narrativa e del medical thriller più in generale: la malattia, la grande ed eterna menica dell’umanità.

Dopo il “lancio” avvenuto negli anni Settanta a opera di Michael Chrichton e Robin Cook, il medical thriller inizia gradualmente a modificarsi per diventare, in più di un caso, un vero proprio genere “di frontiera” in grado di soddisfare, ma anche di deludere, i lettori, soprattutto quelli che amano classificare al primo colpo le storie che si accingono a leggere. In ogni caso grandi successi commerciali per chi vive il medical dal punto di vista dell’investigazione criminale: medici e patologi prestati alla detection che, passando attraverso i personaggi femminili della coroner Kay Scarpetta e dell’antropologa forense Temperance Brennan, fanno evolvere il genere verso grandi successi televisivi che si chiamano CSI e RIS.

Mentre Robin Cook prosegue imperterrito il suo cammino letterario tra virus e complotti ospedalieri, negli anni Ottanta arrivano sul mercato episodici ma significativi segnali editoriali di un genere in via di formazione con il mondo medico al centro di thriller poco convenzionali. Un paio di questi provengono in modo sorprendente dal vecchio continente: uno italiano, Una vita per l’altra di Luigi Rainero Fassati (1985), e l’altro austriaco, Il codice genetico di Johannes Mario Simmel (1987). Il primo che, come spesso capita, è un vero medico specializzato nella chirurgia dei trapianti, firma un’opera, che pur non essendo ancora un vero thriller (racconta del dramma degli espianti e del drammatico rapporto tra un medico e la sua paziente in pericolo di vita) apre la via a una futura produzione (Medici e Goccia a goccia, tra gli ultimi usciti) che fanno di lui l’autentico emulo nostrano di Cook. Ne Il codice genetico invece ci muoviamo, sorprendentemente in anticipo sui tempi, nel campo delle manipolazioni della genetica, tra sparizioni di cadaveri, istituti misteriosi, scienziati folli e stragi di massa sullo sfondo di un’Amburgo labirintica e illividita. E’ nel decennio successivo che gli “episodi” si moltiplicano sino a forgiare il genere. Nel ‘90 compare il romanzo di Patricia Cornwell, Postmortem, primo di una lunga e fortunatissima serie dedicata alla figura del medico legale Kay Scarpetta che, con l’aiuto del poliziotto Pete Marino e della nipote Lucy, genio informatico, risolve casi impossibili, spesso scontrandosi con l’azzeccatissimo serial killer Temple Gault. La sola figura “professionale” in grado di reggere, ma non di vincere, il confronto con la Scarpetta è l’antropologa forense Temperance Brennan (”Tempe” per gli amici), scaturita “per proiezione” dalla mente di Kathy Reichs, autentica antropologa legale in North Carolina e in Canada, che con pochi e veramente spaventosi romanzi (tra cui l’eccelso Il villaggio degli innocenti) insidia sempre più da vicino il trono della Cornwell. Attorno a loro, regine indiscusse del medical, altri autori più incostanti ma non meno significativi. Ad esempio, le due “sigle” Patrick Lynch e John Case, che nascondono rispettivamente i veri dati anagrafici di Gary Humpreys e Philip Sington, e Jim e Carolyn Hougan: i primi hanno firmato Contagio letale e Omega, editi da Garzanti, i secondi L’ombra del cavaliere e Sindrome per i tipi di Marco Tropea. Senza fare inutili paragoni, va detto che John Case è di sicuro più iettatorio e profetico, perciò sinceramente più inquietante: ne L’ombra del cavaliere, infatti, Case rispolvera l’antico incubo della “Spagnola” sulle cui tracce una spedizione artica va a disseppellire i resti di alcuni minatori morti all’inizio del secolo per il terribile virus. Fantasia, ovvio, ma dopo pochi mesi dall’uscita del libro, in estate, una nave realmente salpa per la Norvegia con l’identico scopo dei microbiologi di John Case, ovvero dissotterrare il DNA dell’agente virale che nel 1918 ha causato oltre 20 milioni di decessi.
I giornali di tutto il mondo, riportando il fatto, hanno sottolineato pure che il continuo scioglimento dei ghiacci polari potrebbe riproporre su tutto il pianeta lo scenario spaventoso di una nuova pandemia. A volte i medical thriller ci beccano…

A completare lo scenario che dagli anni Novanta a oggi c’intrattiene sui vari sottomondi del filone mancano i nomi di Colin Andrews (pseudonimo dello scrittore horror F. Paul Wilson), autore di Stato di salute e Ingraham, di Paul Carson (Filo d’acciaio), di Joe Connelly (Pronto Soccorso, da cui Martin Scorsese ha tratto il film Al di là della vita), del celebre Ken Follett in versione “medical” (Il terzo gemello), di Mary Hanner (Virus mortale), di Richard Preston (Area di contagio e Il giorno del Cobra), di Michael Palmer (Terapia totale) e, persino, del duo Preston & Child con Mount Dragon: in tutti ingredienti analoghi, pur nella diversità dei plot e dei contenitori ambientali (che possono essere via via laboratori segreti in mezzo al deserto o spettrali sale d’attesa di un Pronto Soccorso, ospedali all’apparenza familiari o metropoli in preda al contagio), che spaziano dal complottismo al serial killer, dall’incidente biologico all’Apocalisse (fanta)scientifica. Buona ultima arrivata, Tess Gerritsen, altro medico ospedaliero che si pone come seria antagonista della Cornwell e della Reichs, con thriller mozzafiato di ambiente clinico quali Il chirurgo, Anestesia fatale, Corpi senza volto e Lezioni di morte. Infine un accenno, doveroso, ai generosi tentativi italiani che, oltre il nome di Rainero Fassati, vedono coinvolti il trio Lucarelli/Rigosi/Baldini con i racconti noir di Medical Thriller (detection in ambito farmaceutico), il duo Novelli e Zarini con l’angosciante Soluzione finale (morti misteriose in un ospedale di New York), il celebre oncologo Mariano Bizzarri con Il caso del 238 basato su una terrificante forma epidemica della malattia del secolo che si diffonde nella campagna molisana e il medico giornalista Edoardo Rosati con Kuru – Il morbo del nuovo millennio, ricostruzione romanzata della storia della “mucca pazza”.

Sarebbe ingeneroso non citare, a monte dei tanti medical degli ultimi vent’anni basati sugli esperimenti di clonazione, non citare il famoso romanzo scritto nel 1976 dal celeberrimo autore newyorkese di Rosemary’s Baby (ma anche de La fabbrica delle mogli e Scheggia), Ira Levin, quel Ragazzi venuti dal Brasile da cui è stato tratto anche un famoso film con Gregory Peck e Laurence Olivier: storia neppure così assurda in cui il dottor Mengele ordisce dal suo rifugio in America Latina un diabolico piano per riproporre il nazismo sulla Terra, creando per clonazione 96 bambini con le caratteristiche genetiche di Adolf Hitler e piazzandoli in altrettante famiglie sparse un po’ ovunque per il mondo. La prima parte del piano si attua quando, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, tutti i padri vengono misteriosamente assassinati… proprio come capitò al padre dell’adolescente Adolf.

Il modello ispirativo per Kay Scarpetta fu fornito a Patricia Cornwell dalla dottoressa Marcella Fierro, capo anatomopatologo del coroner per lo stato della Virginia, a Richmond. Fu lei, inoltre, che spinse la futura scrittrice a frequentare un triennio di appendistato nella polizia dello stato: e, in qualche modo, questo lungo periodo di militanza provocò la fine del rapporto della Cornwell con il marito e con i suoi tre figli. Quasi una catastrofe esistenziale dalla quale Patricia riuscì a salvarsi grazie al successo planetario dei suoi primi libri.