Quanti nomi può avere il bianco? Uno, due, forse di più? Sembra una domanda stupida, ma in realtà, dietro al candore accecante della neve cosa si nasconde?

In I cinquanta nomi del bianco, nuovo romanzo di Franco Limardi, la neve, infatti, è una delle protagonsite. La neve, che con la sua coltre bianca e con il suo candore abbagliante nasconde il passato torbido dei protagonisti.

La neve che cadendo imperterrita copre i segni sporchi degli errori e le tracce torbide degli inganni.

La neve che resta a ingrigire sui margini delle strade, che si fa specchio delle coscienze, che gela e poi si scioglie, portando con sè tutti i segreti.

E' avvolta nella neve che Grazia  sparisce senza lasciare traccia. Su di lei indaga Sergio Asciuti, un pregiudicato uscito da poco di prigione, che ha un debito da saldare con il padre della giovane. Asciuti, però, non è solo: attorno a lui di muovono anche Antonio Martello, Pietro Ferradino e Gaetano Silvestri. Onguno di loro ha una missione da compiere, un debito da saldare, un passato da dimenticare.

Le loro vite si intrecciano per via di Grazia, che pur assente, manovra le fila di questa storia e li rende complici e avversari, in una lotta ricca di colpi di scena.

La trama è complicata, forse a tratti un po' confusionaria, ma avvince il  fino all'ultima pagina e il lettore si sforza per cercare di capire la soluzione, si appassiona alla vicenda, si commuove per un nuovo cadavere ed esulta per i piccoli risultati ottenuti. Un romanzo duro quanto basta, cattivo al punto giusto, che non supera i limiti e gioca pulito, rispettando le regole che stabilisce.

Gli elementi sono molti, le pagine popolate da personaggi sempre nuovi e legati uno all'altro da rapporti più o meno chiari, i tasselli si susseguono e si incastrano uno con l'altro, andando a comporre il quadro finale.

Nel complesso quindi, un romanzo onesto e pulito, che, accanto alle proposte internazionali di Marsilio, che tanto fanno parlare di sè, difende a testa alta la propria italianità a tutto tondo.