Quantum of Solace il titolo del ventiduesimo Bond è “bello”. Qualcosa tipo un “po’ di consolazione”. L’altra cosa bella è che nel film di consolazione non ce n’è neanche un po’…

Bond/Daniel Craig, è inferocito e in cerca di vendetta. Chiunque ha la sfortuna di incrociarne il cammino finisce morto ammazzato.

Tramontato il fascino del personaggio, il suo carisma, il destino di Bond rimane ora più che mai legato alle trovate della sceneggiatura e alla regia che via via le mette in scena. Ovvio che c’è un limite ad entrambe.

La prima non si discosta molto dal classico revenge-movie dislocandolo tra terra (inseguimenti a piedi e in auto), mare (inseguimenti tra motoscafi), e infine dando l’assalto al cielo (Bond alla guida di un aereo braccato da un caccia), la seconda, di Marc Forster, è di quelle da action-movie, quindi frenetica quando serve e piatta quando l’azione latita. Il risultato è che Bond/Craig pare non esistere “da fermo” mentre assume consistenza in piena azione.

La cosa più bella è l’albergo nel deserto: una fila lunghissime di palazzine marroni ad un piano e tutt’attorno il nulla (gli unici ospiti sono Bond, Camille/ Olga Kurylenko, e Greene/Mathieu Amalric).

L’effetto è straniante parecchio: sembra Zabriskie Point incrociato con Bond, il ventiduesimo…