Prima di parlare del racconto, per non perderne il gusto alla lettura, introduciamo il romanzo di cui è prequel.

Come definire Sezione π² di Giovanni De Matteo? Usando le stesse parole dell’autore, "una storia raccolta dalla voce dei morti, in presa diretta dalla Singolarità", o ancora un libro su "l’inesorabilità dell’Entropia. Della morte e del silenzio". Frasi che calzano a pennello, dato che vi si racconta di un futuro metà cyber e metà dickiano, in cui le nanotecnologie e il Kipple fanno a gara per rubare il campo alla morte. In pratica, un future noir nel quale le indagini sono condotte dalla Polizia Psicografica, un corpo scelto di agenti in grado di indagare i residui neurali dei morti, una squadra di necromanti.

Sezione π² è il romanzo del postmoderno che ingoia se stesso. Ouroboros, il Serpente che si morde la coda: i già citati Gibson e Dick a braccetto con Pynchon e Ballard, autori "tritacarne" tritati a loro volta in una Napoli metropoli non-morta.

Il protagonista, Vincenzo Briganti, si muove in un Sud geografico - e dell’anima - de-genere e degenerante, nuovo Marlowe alle prese con dolorosi viaggi sospesi tra l’onirico lovecraftiano (presenti anche echi di Hodgson) e il trip a la Burroughs.

Non mancano poi le suggestioni provenienti dall’esperienza di Saviano per Nazione Indiana, e anche di "carmilliana" memoria (paradigma olografico), fuse a puntante ironiche sul nostro immaginario e la storia politica recente; emblematico è un personaggio, Cavaliere e magnate mediatico, che ha per fido consigliere un azzeccagarbugli dai baffetti impomatati.

Insomma, un calderone di suggestioni ben amalgamate che, a seconda del lettore, è assieme pregio e difetto, un teorema che dimostra un ininterrotto continuum letterario, partito oltreoceano e finito, sull’onda della sf, sulle rive della nostra penisola bagnate dal Tirreno.

Punto Zero, il racconto che vi proponiamo, altro non è che un frammento sulla prima "scansione" di Vincenzo Briganti, ovvero la prima volta in cui il nostro si addentra da solo nei meandri dei ricordi di un morto.

(Fernando Fazzari)