Napoli, il porto. Una partita di droga. Una vendetta. Un omicidio di troppo.

Un uomo corrotto, crudele, spietato. Che si è venduto. Che non ha più nessun codice d'onore. Nessuna forma di umanità. Una sorta di "cattivo tenente" in versione partenopea, che non esita a uccidere e a commettere le azioni più spregevoli. Per continuare a sopportare la sua vita.

Ma a Napoli qualcuno ha deciso di toglierselo di torno. Qualcuno sta cercando di incastrarlo. Qualcuno che ha scoperto le collusioni tra vari corpi dello Stato per il controllo del potere. E che pretende la sua fetta.

Restano ventiquattr'ore. Per sistemare tutto.

Una prosa che assomiglia ad uno schiocco di frusta, una storia che ti afferra per lo stomaco.

L'esordio crudo, frenetico, sconvolgente di un nuovo talento del noir.

Cane rabbioso non è un libro per tutti. Leggere questo libro è come sniffare polvere da sparo. La botta al cuore è la stessa.

Addentrarsi tra le pagine di questo breve romanzo è come addentrarsi in uno di quei vicoli sporchi e bui in quei quartieri malfamati che ci sono in qualsiasi metropoli. Addentrandoti in quei vicoli sai già per certo che stai scivolando dentro la bocca di un grosso guaio. Sei conscio dei rischi. Sai quasi per certo che qualcuno cercherà di derubarti. Qualcuno cercherà di accoltellarti soltanto per il gusto di respirare la tua paura. Qualcuno proverà a violentarti, indipendentemente dal tuo sesso. Tu sai che stai andando dritto contro il pericolo. Sei conscio del buio. Sei conscio di fare brutti incontri. Così valuti i rischi. Metti su una bilancia il tuo coraggio e la tua paura. In base a ciò che pesa di più, fai la tua scelta.

Chi si appresta alla lettura di questo romanzo deve fare la stessa operazione di pesatura. Se pensa di avere il coraggio di affrontare una scrittura aspra, cruda fino all’estremo, violenta, tagliente e infetta, allora può sedersi comodo e salire sul treno costruito da Angelo Petrella che va dritto a "Violenza City". Chi parte, però, deve mettere in conto che è un viaggio di sola andata.

Chi pensa che potrebbe avere qualche problema a reggere questo noir puro, ricco di corruzione – morale e non – perversione, brutalità, violenza e nichilismo, beh, questo libro non fa per lui.

Il protagonista di questo romanzo è uno sbirro senza nome. È un cancro col distintivo. È lo sbirro con cui non vorresti mai avere a che fare. Il romanzo è lui. Lo sbirro. È sua la narrazione in una prima persona acida e implacabile. È sua la psicologia nichilista e aberrante con cui devi avere a che fare volente o nolente. È lui che ti arpiona allo stomaco con le sue parole violente come coltellate. È lui che ti sfida a seguirlo nel buio. Lui. Lo sbirro. Lo sbirro più fottutamente cattivo che esista.

Sembra che Angelo Petrella abbia aspirato dall'anima del suo personaggio qualsiasi traccia d'umanità. Non ne è rimasta nemmeno una goccia. Il protagonista si droga per resistere a sé stesso. Si droga pesante, coca e pere. Beve parecchio, e quando non dovrebbe. La droga e l'alcool galleggiano nella sua perversione. Fanno da collante ad un cuore che pompa violenza nelle vene. Lo sbirro è un violento. Non ha scrupoli a picchiare o ad uccidere. È al di là del bene e del male. Il suo istinto primario è la sopravvivenza. Proprio come una bestia. Proprio come una bestia rabbiosa.

Della legge non gliene importa niente. Un esempio? È in servizio, sta sfrecciando sulle strade con la sirena a tutto spiano. Alla radio sente che è in corso una rapina in banca proprio nella direzione verso cui sta guidando lui. Cosa fa? Spegne la radio e la sirena, fa inversione e cambia strada.

Ha una mente perversa. Per lui sesso è sinonimo di brutalità. Alcuni passaggi son talmente crudi che a volte hai l'istinto di distogliere gli occhi dalla pagina. Ma la curiosità è troppa. Vuoi capire quanto in fondo può scendere questo figlio di puttana. Sai che è pericoloso, ma prendi la mano che Angelo Petrella ti porge e ti lasci portare fino all’estremo. Ed è allora che ti viene voglia di urlare, perché non avresti mai pensato che si potesse scendere così in basso…

Angelo Petrella, mentre leggi il suo romanzo, ti tagliuzza le pupille con le sue parole taglienti. Le sue frasi ti violentano. Ti derubano l'innocenza dall'anima. Petrella ti cambia. Dentro. Ti fa capire che al mondo il marciume esiste davvero, e a volte si annida proprio dove non l'avresti mai cercato.

La sua scrittura è talmente secca, talmente asciutta, che a volte è difficile stargli dietro. In certe pagine il ritmo è quasi insostenibile. Bisogna prendersi delle pause. Un po' per riprendere fiato, un po' per staccare da tutta la crudezza che l'autore partenopeo ti vomita addosso.

La trama è buona e serrata. Ma il protagonista è così ingombrante da scavalcare la trama stessa. È uno di quei personaggi che ti resta dentro. Un personaggio originale, che il lettore vorrebbe rincontrare presto.

L'autore ci regala quest'opera d'esordio per l'ottima casa editrice Meridiano Zero che, nel panorama editoriale italiano, pare quella che abbia più di tutte il fiuto per le buone opere di narrativa di genere. La casa editrice padovana ha avuto il merito di portare geniali autori come Derek Raymond, Davide Peace, Hugues Pagan, René Frégni, e inserirli nell'ottima collana Meridiano Nero. La stessa collana dove è stato inserito Angelo Petrella e il suo Cane Rabbioso. Con questo esordio rabbioso, Petrella si è preso con forza e con stile tutto il diritto di stare vicino a nomi di scrittori come quelli sopra citati.

Angelo Petrella è nato a Napoli nel 1978. Cane Rabbioso è il suo esordio. Come detto in apertura non è un libro per tutti. Qualcuno lo odierà. Qualcun altro lo osannerà come il talentuoso esordio di un autore coraggioso. Ma un dato che trasuda dalle pagine di Cane Rabbioso è innegabile: Angelo Petrella ha talento da vendere.