La meritevole operazione di recupero cinefilo organizzata dalla Raro Video e dalla Nocturno fa arrivare anche da noi in Italia la versione in doppio Dvd del controverso film di Wes Craven, uscito nel 1972. Il regista per la trama si è ispirato a La fontana della vergine (1960) di Ingmar Bergman, e ne ha realizzato una personale rilettura, ambientata all’inizio degli anni Settanta. L’ultima casa a sinistra racconta di due ragazze, Mary e Phillis, che, dopo essersi recate a un concerto, si imbattono in quattro squilibrati, di cui due sono appena evasi dal carcere, che le sequestrano, le portano in un bosco, le seviziano e le uccidono. Dopo aver compiuto il misfatto, i criminali, tra cui c’è anche una donna, Sadie, trovano ospitalità, senza saperlo, presso la casa di Mary. I genitori della ragazza scoprono presto cosa è successo alla figlia e si vendicano con ferocia. Una volta ultimata la visione dell’opera di Craven, diviene evidente il perché abbia avuto numerosissimi problemi con la censura. La pellicola mette in scena una violenza e una brutalità assolutamente gratuite, arrecate con freddezza e amplificate dal fatto che ne sono vittime due giovani indifese e piene di gioia di vivere, il cui entusiasmo viene atrocemente stroncato dai quattro spostati. In Celluloid Crime of the Century, uno dei due interessanti documentari presenti sul Dvd, Craven, il produttore Sean Cunningham, e alcuni membri del cast raccontano la genesi del film e le difficoltà che incontrò per essere distribuito. All’inizio, L’ultima casa a sinistra avrebbe dovuto essere un porno con inserti granguignoleschi, ma poi si decise di puntare sulla messa in scena della violenza, evitando sequenze hard, e limitandosi a mostrare le ragazze senza vestiti quando vengono seviziate dai loro aguzzini. Craven ha realizzato – lo ammette nell’intervista – un film di exploitation, che sfrutta sapientemente gli aspetti che più possono colpire lo spettatore: nudità, sadismo, ecc. Il regista dà una motivazione della rappresentazione fredda e documentaristica (e artigianale) della violenza che caratterizza il suo film: la necessità di contrapporsi alla visione “distillata” della violenza e della morte che veniva proposta dal cinema, e che veniva “smentita” dalla crudezza delle immagini dei documentari sulla guerra del Vietnam. L’ultima casa a sinistra, afferma il regista, nacque (anche) dalla volontà di portare sul grande schermo una violenza davanti alla quale la macchina da presa non distogliesse lo sguardo, o non ci fosse alcuna dissolvenza. E l’impresa riuscì alla perfezione, grazie allo stile asciutto di Craven e all’interpretazione estremamente convincente degli “squilibrati”; soprattutto quella di David A. Hess, che nel ruolo di Krug ha saputo impersonare un maniaco omicida  sgradevole e allo stesso tempo straordinario. A ogni spettatore la scelta se considerare quella di Craven esclusivamente una bieca operazione sensazionalista con cui il regista ha sfruttato al meglio le componenti morbose del film, o se riconoscerle anche una certa portata “ideologica” per quanto riguarda il discorso sull’importanza di una rappresentazione priva di filtri degli aspetti meno “mostrabili” e “accettabili” della realtà umana. È innegabile, comunque, il fascino malsano che sprigionano alcune sequenze, anche quelle più crude, che viene accentuato dal contrasto tra l’ambiente naturale e tranquillo (il bosco, dove si svolge gran parte delle vicende) e la violenza cieca – arrecata con tale distacco da sembrare normale, quindi ancora più inquietante – di cui sono capaci Krug e i compagni. Inutile dire che l’opera di Craven è molto lontana dalla poesia fuori dal tempo del film di Bergman, il cui punto di contatto forse più evidente con L’ultima casa a sinistra è lo scenario agreste e idillico in cui si consumava lo stupro della protagonista, la povera Karin. Il regista si è servito più che altro della trama della Fontana della vergine, abbandonando tutte le suggestioni che la caratterizzavano, e l’ha innestata in un’ambientazione e in un contesto completamente diversi. Da notare come il fatto che i delinquenti trovino rifugio casualmente presso i genitori di Mary richiami anche un momento di Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick: quando Alex, dopo essere stato aggredito dai suoi ex drughi, viene ospitato nella stessa abitazione in cui egli, in passato, aveva fatto irruzione insieme a loro. Il padrone di casa riconosce in Alex la persona che lo aveva aggredito e che gli aveva violentato la moglie quando il giovane canta Singin’ in the Rain mentre si fa il bagno. Sadie, la donna di Krug, all’inizio del film è nella vasca da bagno e accenna sguaiatamente il ritornello della canzone… come se il regista avesse voluto preannunciare che le nefandezze di cui si sarebbe dimostrato capace quel personaggio, insieme ai suoi compagni, non sarebbero state da meno di quelle perpetrate dai delinquenti di kubrickiana memoria.

Extra

Documentario: Celluloid Crime of the Century - Documentario: Scoring the Last House - Trailers - Galleria fotografica - Biografia e filmografia del regista