Wes Craven non sarà più quello di una volta, però se gira un film (non è questo il caso…) o si “limita” allo script (è questo il caso, con l’aiuto del figlio…) che fai non lo vedi? Lo vedi sì, in sala o in dividì (tra una manciata di settimane). D’altronde l’iniziatore della saga giunta alla terza puntata (Le colline hanno gli occhi, di Craven nel ’77, il remake del 2006 di Alexandre Aja, e adesso questo Le colline hanno gli occhi 2 di Martin Weisz ) è stato lui, e allora appare logico che a rimetterci le mani sia sempre lui, magari per tentare di aggiungere qualcosa al già detto (non è detto che ci sia riuscito…). Ovvio che di fronte ad una pattuglia della Guardia Nazionale impegnata in una operazione di soccorso nei confronti di un gruppo di scienziati scomparso nell’ormai famosa Zona 16, teatro di esperimenti nucleari a gogò che hanno dato vita ad una stirpe di mostruosi mutanti antropofagi causa follow-out radioattivo, e alla carneficina (molto splatter…) che segue dallo scontro tra le due fazioni, non si può fare a meno di pensare alla personale visione, tra l’altro molto pessimistica, di Craven sul conflitto (fortemente asimmetrico) che vede impegnati gli Stati Uniti (non solo loro, ma vabbè…) in Iraq e in Afghanistan (a questo proposito la presentazione della pattuglia è impostato in modo da lasciar credere che ci si trovi a Kandahar…) contro il terrorismo internazionale, conflitto oramai in corso da ben quattro lunghi anni (20/03/03), e che pare destinato a concludersi chissà quando. Da che il cinema è il cinema, l’horror si è sempre prestato meglio di altri generi a diventare la leva capace di sollevare il velo di ipocrisia che spesso ammanta le istituzioni sociali (Dio, patria, famiglia) dando forma e sostanza alle pulsioni primitive e per nulla concilianti dell’uomo, e anche stavolta sembra proprio così: la battaglia tra le reclute e i feroci mutanti è spogliata da qualsiasi ideale patriottico visto che si combatte solo e soltanto per portare la pelle a casa, e anche i più buoni, i meno Rambo insomma, quelli che vanno sì alla guerra ma con un’indole pacifista (bell’esempio di cerchiobottismo si dirà...), se pure riusciranno a sopravvivere perderanno per sempre l’innocenza che (forse) li contraddistingueva. Nello scontro tra soldati e mutanti, girato dal punto di vista dei primi, c’è spazio per tutto quello che solitamente viene rimproverato all’amministrazione Bush: strategie fallaci, sottovalutazione sistematica del nemico, approssimazione, incidenti fatali (il friendly fire o per chi preferisce la terminologia mutuata dagli wargame il blue-on-blue), nessuna idea su una exit strategy capace di salvare capra e cavoli. Insomma, il quadro che via via prende forma, accompagnato, va detto, da una regia di servizio che infila una dopo l’altra fino allo stucchevole sempre la stessa inquadratura, tipo primo piano sul soldato che sgomento si guarda attorno e a seguire la soggettiva sulle rocce circostanti immancabilmente deserte (tanto il mutante arriva sempre alle spalle o di lato sbucando dal fuori campo…), è di quelli critici verso un massacro senza senso. Da qui a dire che Le colline hanno gli occhi 2 sia un film riuscito ce ne corre (e a forza di correre copre una distanza incolmabile…), magari perché Craven non voleva dire nulla riguardo a quello che è parso di scorgere, o forse perché Kubrick (ancora lui…) con Orizzonti di gloria prima e Full Metal Jacket poi, ha già detto tutto quello che c’era da dire sulla follia della guerra, a qualunque latitudine e contro qualsiasi nemico. Forse Le colline hanno gli occhi 2 va bene solo e soltanto per gli appassionati splatter, visto che da questo punto di vista non gli manca nulla, anche la citazione di Dr. Lamb, col mutante che prima stacca un braccio alla vittima di turno e poi lo usa per irriderla facendogli ciao ciao…