Mercoledì 12 gennaio, su Canale 5, ha fatto il suo esordio la superpubblicizzata serie RIS – Delitti imperfetti, 12 episodi da 50’ circa in sei serate.

Per lanciarla gli uffici stampa e i giornalisti specializzati hanno naturalmente scomodato quella che viene considerata un po’ la sua sorella maggiore, ossia la statunitense CSI: Scena del crimine (per tacere delle sorelline CSI Miami e CSI New York).

In realtà, sin dal primo episodio, Prova schiacciante, nonostante il generoso tentativo di conferire alla vicenda ritmi (sincopati), atmosfere (algide) e recitazione (asciutta) quanto più possibili vicini al modello (con uso poi di telecamera a mano e dello split screen – ossia il teleschermo diviso in tre o quattro inquadrature in contemporanea), gli sceneggiatori non sono del tutto riusciti a sfuggire a quella che è ormai la cifra caratteristica dei gialli televisivi italiani: la miscela cioè, in dosi sempre diverse, di detection e commedia (all’italiana).

Il capitano Venturi (interpretato – forse non a caso – dal Lorenzo Flaherty protagonista di alcune serie sia di Distretto di polizia che di Incantesimo) già lascia intuire un suo possibile deragliamento sentimentale dal monotono binario professionale in direzione della giovane e fresca tenentina Giordano; il sottotenente Testi (l’attore Stefano Pesce reduce dal recente e non fortunatissimo Cuore contro cuore) è uno sciupafemmine, mentre il maresciallo De Biase (quell’Ugo Dighero che, partendo dai Broncovitz e da Un medico in famiglia, ha da tempo virato verso il drammatico) ha una figlia in carrozzella reduce da un terribile incidente.

Gli ingredienti quindi ci sono tutti per fare sì che i vari episodi (tenuti insieme, come da abitudine consolidata nelle fiction più recenti, dalla ricerca spasmodica di un supercriminale, questa volta un bombarolo pazzo) offrano veloci introspezioni psicologiche, qualche efferato effetto lacrimogeno e una spolveratine di sesso e/o sentimento.

L’appeal poliziesco è invece garantito, oltre che dalla proclamata ascendenza americana (più invocata dai giornalisti che dal regista Alexis Sweet, a dire il vero), dalla consulenza del reparto dei Carabinieri che dà il nome alla serie e che si è reso protagonista di clamorose e scottanti inchieste su alcuni dei misteri più recenti nel nostro paese (dal caso di Erika e Omar a Cogne).

Il risultato non ci convince appieno: rassegnati ormai da tempo all’inevitabile miscela giallo + commedia e siccome si è scelto di non seguire gli americani nella loro specializzazione quasi maniacale, ci sembra che non tutto funzioni per il meglio.

Il RIS, che dovrebbe essere un reparto di supporto alle indagini della cosiddetta Territoriale, diventa, credo non del tutto correttamente, protagonista anche delle scene di azione e inseguimento.

Manca poi il grande interprete che prenda sulle sue capaci spalle la serie per farla decollare (si pensi al Proietti del Maresciallo Rocca o al Manfredi di Linda e il brigadiere): questa però può essere una scelta della produzione. Ma non abbiamo, a giudicare dalle prime due puntate, neppure una squadra di caratteristi del tutto all’altezza del compito (a differenza di un’altra fortunata serie degli stessi produttori, Distretto di polizia).

Anzi, di quest’ultima RIS – Delitti imperfetti riprende proprio il difetto principale, ossia l’eccessiva brevità degli episodi che non permettono all’intreccio di dispiegarsi in tutta la sua complessità.

Luci (non molte) e ombre (un buon numero), dunque: ma ripensando alla minacciosa ombra di Carabinieri 4 che incombe, non ci sentiamo di infierire. 

Voto 6+.