Chi è Franco Valleri?

C’è un vero e proprio “mistero nel mystery” che ruota attorno alla vera identità dell’autore di Cronache nere. Sei delitti per Paolo Giunti: c’è chi pensa allo pseudonimo, chi scommetterebbe su un collettivo “Wu Ming in riva d’Arno”, e a infittire il mistero contribuisce l’interessante (e a tratti avvincente come un racconto) prefazione di Leonardo Gori, che rievoca da par suo un vivido ricordo d’infanzia che ci riporta nella Firenze dell’alluvione, all’incontro con un cronista fiorentino amico del padre e a una borsa, che come tutte le borse disseminate lungo la storia del nostro Paese, certo doveva contenere documenti e fascicoli ricchi di segreti e di mistero. Si attendono ulteriori rivelazioni al riguardo, e non ci sarebbe da stupirsi se si presentassero sorprendenti colpi di scena, magari in occasione delle prossime, auspicabili avventure di Paolo Giunti, un (ben) riuscito personaggio letterario che recupera la dimensione gloriosa del cronista di nera del dopoguerra, col corollario di imprevedibili scoop, rivalità accanite e polemiche inesauribili entrate ormai nella leggenda di un mestiere che si è posto spesso all’incrocio fra l’attività dello scrittore e quella del ricercatore, fra quella del detective e quella del sociologo, raccontandoci molto dell’Italia e dei suoi costumi, basti pensare al contributo acutissimo della “nera” di Buzzati.

E così, se è vero, come è vero, che il crimine ci rivela molte verità sulla società nella quale matura, possiamo considerare le storie rigorosamente inventate, ma sempre estremamente verosimili, di Cronache nere come altrettante stazioni di un piccolo viaggio nello spazio e nel tempo.

Si parte dalla Firenze degli anni della seconda guerra mondiale (Piazza della Passera), in cui si situa una storia commovente e dolorosa che ha per vittima non solo Wilma, una giovane prostituta trovata uccisa misteriosamente, ma anche il suo stesso assassino e. in definitiva, tutta una generazione di giovani travolti dalla follia e dall’assurdità di un regime guerrafondaio.

Col gusto tipicamente toscano per lo sberleffo e per l’ironia caustica, si prosegue con Il mistero della camera chiusa nella casa chiusa, dove Valleri gioca piacevolmente con uno dei topoi del giallo classico, mentre L’ineffabile signora Biagini ci ricorda che i comunisti forse non mangiavano solo i bambini, celando però, al di sotto delle venature esoterico-politico-umoristiche della storia, anche un retrogusto di pungente nostalgia per la competizione politica d’antan, che forse non sarebbe dispiaciuto al miglior Guareschi.

Con La fine della mezzadria, ambientato nel 1958, lo sguardo sociologico di Valleri si fa più attento e l’attenzione per i drammi individuali ancora più marcata, mentre Un delitto imperfetto costituisce non solo una riuscita trasferta capitolina per Paolo Giunti, ma anche un’incursione nel delitto passionale più tipico, uno dei moventi per eccellenza dei fatti di sangue, che storicamente ha originato alcune delle pagine più gloriose della “nera” e dei suoi dibattiti infiniti.

Ci accompagna alla chiusura di questo viaggio la giunonica e seducente studiosa nordica protagonista di La svedese, racconto nel quale maestra di cerimonie è la Maremma dei tombaroli, dei siti archeologici e delle incontaminate bellezze naturali.

Cronache nere, dunque, è tutto questo: sei storie stuzzicanti, sei fotografie di un’Italia che cambia, sei piccoli gioielli narrativi, racchiusi in uno scrigno dalla veste grafica accattivante e costruiti con stile e tecnica narrativa impeccabili, ma, soprattutto, con straordinaria efficacia narrativa.

Resta in sospeso solo la nostra domanda iniziale: chi è davvero Franco Valleri?