Sulle strade di una Calabria senza sole, Salvo Riccobono torna a confrontarsi con i tentacoli di un’organizzazione criminale. 

Dopo L’isola Nera e L’anima in spalla, l’ispettore inventato da Piergiorgio Di Cara è questa volta alle prese con un traffico di stupefacenti e con una ‘ndrangheta ancora più e sanguinaria della mafia siciliana alla quale era abituato. Tra eccessi alcolici e attacchi di colite (le cui descrizioni degli effetti avrebbero forse potuto esserci risparmiate), Salvo Riccobono è un uomo determinato ma dall’equilibrio precario, perseguitato dai ricordi e da più solitudine di quella che non sia disposto ad ammettere.  A volte capita che i personaggi troppo tormentati si annullino nel loro dolore; come se implodessero su se stessi, non riescono a comunicare la loro interiorità. Questo per fortuna non accade a Riccobono che dimostra invece profondità ed empatia con il mondo.

Vetro Freddo è un romanzo pieno di quelli che l’autore chiama "odori sbirreschi"’; sigarette e caffè, ma anche sangue e aria viziata delle caserme. Il mondo della polizia e quello della criminalità si scontrano ancora una volta ma i confini tra bene e male sono sfumati; dietro alle istituzioni, così come dietro la mafia, ci sono uomini. Il romanzo di Di Cara lo ribadisce senza retorica, semplicemente lasciando filtrare l’umanità dei personaggi attraverso i ruoli e sospendendo ogni tipo di giudizio. Il male è ineludibile ma non è mai assoluto: questa è probabilmente la caratteristica del pensiero di Di Cara che ha spinto Valerio Evangelisti a definirlo “uno  degli uomini di punta del noir italiano” (Il commissario nero - l’Unità 17 marzo 06).  Il linguaggio pesca nei ritmi e nelle inflessioni della lingua parlata, la costruzione delle frasi è a tratti influenzata dal siciliano. Tuttavia quella di Di Cara è una lingua a più volumi. Ai dialoghi, asciutti e ricchi di espressioni gergali, si alternano i monologhi interiori, sfoghi, sedute di psicoterapia; momenti introspettivi durante i quali Riccobono abbandona la ruvidezza del suo parlare e racconta quello che accade nella sua anima con il linguaggio della poesia.