Martina Cole, acclamata autrice di best seller nel mondo anglosassone approda in Italia con un pugno nello stomaco dalla prima all’ultima pagina. Io lo so è un noir che ha i suoi punti di forza in un’intensa indagine psicologica e ambientale sui bassifondi di Londra. Mi è piaciuto moltissimo e, come scrittore, mi suscita una certa vivificante sensazione d’invidia. Un grande personaggio femminile che sarà apprezzato da un pubblico maturo (non nel senso dell’età, ovvio) ma la ruvida e non retorica capacità di ritrarre l’ambiente malavitoso inglese è in grado di interessare anche gli amanti più scafati dell’hard boiled.

Veniamo alla storia. Una strana e sfortunata famiglia i Brewer. Joanie, la madre, è una prostituta quarantenne, cresciuta in un ambiente durissimo, quello dei quartieri del vizio di Londra ma che a volte mantiene un’ingenuità sorprendente. Soprattutto ama i suoi figli. Jon Jon, 17 anni, un ragazzo bello e dannato, violento per le strade ma iperprotettivo riguardo alla madre e alle sorelle. Jeanine, 16 anni, che veste come il suo idolo Britney Spears ma è destinata a vivere in un ambiente dove il ragazzo più appetibile è uno spacciatore giamaicano. E poi c’è Kira, piccola indifesa, “non certo il coltello più affilato in cucina” come dice l’autrice ma una bambina (10 anni) adorabile. Il romanzo si apre con la polizia che bussa alla porta di Joanie. Hanno ritrovato il vestitino di Kira scomparsa da dieci giorni, per la protagonista è la conferma definitiva delle sue paure più oscure. Sua figlia è morta. Poi la storia ci riporta a qualche tempo prima facendoci conoscere tutti i protagonisti e il mondo sordido, molto “noir” dove vivono coltivando speranze che non potrebbero permettersi di nutrire. Eppure è proprio nello squallore che i sogni aiutano di più a vivere e, spesso, tendono trappole mortali. Joanie, per esempio, crede ancora che il suo pimp, Paulie, alla fine sia una brava persona. Considerato che Jon Jon potrà farsi un nome solo sulla strada spinge il figlio a lavorare per Paulie che gestisce varie attività tutte al limite della legge. Jon Jon non è certo felice di prendere ordini dall’uomo che ha rovinato la vita di sua madre ma, dopo un poco, i due si scoprono più simili di quello che sembrano e fraternizzano. In cambio Joanie ottiene di togliersi dal marciapiede e dirigere un salone per massaggi. E un po’ sogna una vita normale a fianco di Paulie… Di preoccupazioni comunque ne ha in abbondanza. Jeanie la figlia maggiore si mette nei guai con un ragazzo di colore che il fratello pesta a dovere e poi c’è l’invidia delle colleghe, anche di Monika, la migliore amica che ha una figlia, Bethany, coetanea di Kira ma avviata già alla professione. Kira vive nel suo mondo e trova conforto solo nell’amicizia di Tommy un ragazzo ritardato, sessualmente innocuo, un obeso maltrattato dal padre Joseph. Tommy è dapprima visto con sospetto dai Brewer poi accettato con quella sua innocua mania di collezionare le Barbie che tanto piacciono a Kira.

Nella seconda parte del romanzo assistiamo a un crescendo di tensione che ci porta, grazie alla drammatica rivelazione del primo capitolo, a presagire una tragedia a mano a mano che il tessuto ambientale della Londra del vizio si va delineando. L’ambiente è quello dei migliori romanzi di David Goodis La luna nel rigagnolo e Senza via d’uscita. In questa fase il thriller lascia spazio al ritratto psicologico e d’ambiente, un palcoscenico di gente disperata che vuole assolutamente sperare, un po’ come in Skid Row di Fredercik Brown. La scrittura è veloce ma non sciatta e il senso di incombente minaccia è costruito in crescendo. Infine Kira scompare e la storia riprende qualche tempo dopo nella fase più serrata e propriamente thriller del romanzo. Senza voler rivelare di più, sull’intreccio mi sembra che sia evidente il talento della Cole di delineare personaggi e ambiente prima ancora di “far girare le macchine) e trascinare il lettore in una lettura che non è un “passatempo” ma un continuo stimolo a scavare a guardarsi dentro, come è tradizione dei migliori autori di thriller. Se vi aspettate un finale consolatorio forse fareste meglio a scegliere qualcosa di più rassicurante, perché Io lo so non vuole essere rassicurante. È una storia che chiede di essere letta e vissuta, con la sua carica d’angoscia esistenziale ed è un piacere scoprire che esistono ancora scrittori di successo (e la Cole lo è all’estero e ci auguriamo lo diventi anche in Italia) capaci di narrare con viscere e cuore alla faccia di ogni moda o imposizione di mercato.