Era da un po’ che volevo scrivere un romanzo sui ninja. Ok, lo so, ne ho già scritti e probabilmente altri ne scriverò. Il Professionista: Ninja mission è però una occasione particolare: il cinquantesimo romanzo della serie regolare del Professionista segna anche il ritorno di una delle sue avversarie più “odiate”, Shaibat. E quando c’è di mezzo Shaibat la storia richiede un livello superiore di complessità, soprattutto se si interseca con il Progetto Loki e con Vorachek, sappiate quindi che tutto diventa più complesso.

Oltre a ciò c’era da sistemare Guzman che viene da Io sono el Gringo e, non ultima, c’era Skorpia che da un po’ non vedevamo. Però volevo scrivere una storia dove ci sarebbero state sì tutte quelle parafernalia sui guerrieri giapponesi e le arti marziali, ma volevo mettere in scena dei ninja moderni. Dopotutto erano guerrieri delle truppe speciali nel Giappone feudale, non sarebbe logico che oggi combattessero con spade e frecce. Non solo, almeno. Così il Tengu ryu è diventato a sua volta una specie di agenzia di spionaggio, i cui agenti sono ferratissimi anche nelle tecnologie moderne e negli armamenti all’avanguardia. Ovviamente c’è la sua bella dose di combattimenti marziali ma sia a Roma che nel finale vedrete una guerra moderna, con i droni e ogni altro ritrovato tecnologico attuale.

In qualche modo volevo mantenere l’iconografia classica ma inserire anche degli elementi di novità, inediti e inaspettati. Da qui nasce il personaggio del monsignore, l’ambientazione a Roma che fa da contraltare a Hong Kong, che quando scrissi il libro non era ancora stata sconvolta dalle odierne sollevazioni. C’era poi il ponte che unisce Hong Kong a Macao e alla Cina continentale che era una occasione troppo ghiotta per non essere sfruttata. Da tempo avevo in mente anche una storia con un attentato alla Diga delle Tre Gole e in qualche modo c’è entrato anche quello.

Nasce così una storia complessa con molta azione ma anche parecchio spy tradecraft perché un’avventura del Professionista è sempre e comunque una spy story. Si trattava di mescolare l’iconografia classica dei ninja che si ritrova soprattutto nell’inizio, nelle sequenze nelle Hawaii e alla fine con elementi più moderni e occidentali. In pratica una di quelle avventure itineranti che costituiscono il nerbo delle storie del Prof.