Silvia Broome, interprete presso la sede delle Nazioni Unite a New York, ascolta casualmente una conversazione segreta dalla quale apprende l’esistenza di un complotto per assassinare il presidente di Matobo, un piccolo Stato africano…

 

Tanto rumore per nulla. Il rumore è quello che annuncerebbe qualunque film con la coppia Penn-Kidman, mentre il nulla è una sceneggiatura docile docile che glissa sul cuore stesso della storia, o meglio su una sua componente che ci si aspetterebbe essenziale, vale a dire il significato stesso del tradurre, il trasporto cioè di frasi e concetti da un sistema linguistico ad un altro, azione tutt’altro che semplice da realizzare soggetta com’è a tutta una serie di slittamenti, aggiustamenti, accomodamenti.

Cosa rimane allora? Un attentato, tra l’altro fasullo, in quel dell’ONU ai danni di uno dei tanti dittatori sparsi per il continente africano, dittatore che somiglia (tra l’altro in modo vergognoso, il perché è facile da capirsi…) a Nelson Mandela che prima chiede ed ottiene un quarto d’ora di celebrità, per poi, apprendiamo nel finale, finire di fronte al tribunale internazione dell’Aia per crimini contro l’umanità, non prima essersi pentito dei msfatti commessi (a giudicare dalla faccia contrita che fa).

Dittatore al centro e ai lati a rincorrersi vanamente Penn agente segreto che affoga nell’alcool il lutto per la moglie (un po’ fedifraga…) scomparsa in un incidente d’auto, e la Kidman, un passato da guerrigliera e un presente da traduttrice, che da buona Cassandra non viene mai creduta.

In un sussulto di resipiscenza ci è risparmiata la love story tra i due, tra l’altro massacrati come poche volte ho visto dal campo-controcampo così che non c’è verso di vedere in diretta quello che succede sulla faccia di uno quando a parlare è l’altro, tra l’altro per pronunziare frasi che si vorrebbero drammatiche ma che fanno ridere ("Ballava bene ma guidava da cani" dice Penn del ballerino con il quale la moglie era fuggita).

Nelle scene climatiche l’attenzione finisce da tutt’altra parte tranne che sullo schermo e quello che rimane è riassunto dalla frase sempre attuale in casi del genere: "allevare la polvere" Sensazione predominane: Sidney Pollack, tre camei parlanti durante il film, al minimo della carriera (Michael Mann alle prese con un soggetto così ne avrebbe fatto un capolavoro…).

 

Citazioni di maniera di Hitchcock che spaziano (inutilmente) da La finestra sul cortile a L’uomo che sapeva troppo, passando, per via dell’ambientazione, vera stavolta, per Intrigo internazionale (nel ’59 Hitchcock non poté girare dentro il palazzo di vetro).

 

di Sergio Gualandi

 

Africa: alcuni corpi occultati e un reporter documenta con tanto di quaderni e foto gli strani movimenti nei pressi del luogo incriminato. New York: il palazzo di vetro sede dell’Onu (concesso nei fine settimana a Sydney Pollack e alla troupe) e un’interprete (The Interpreter come cita il titolo originale ovvero Nicole Kidman) che decifra un linguaggio poco conosciuto e ascolta l’inascoltabile: una minaccia a un capo di stato. Denunciando l’accaduto, è risucchiata nelle spire di un complotto internazionale e sospettata lei stessa di esserne complice, forse è innocente (ma chi è innocente nella vita?) ma nemmeno così estranea alla vicenda. Questione di Radici. I servizi segreti intervengono (Sean Penn, Catherine Keener e lo stesso Pollack) e sotto la loro protezione s’indaga sulla veridicità del pericolo imminente. Nel percorso alla ricerca della verità, si spalanca la scatola dei ricordi e ognuno spurga le ferite dei propri morti pagando pegno alla sofferenza rimossa. Classico impianto di tensione su classici rimandi alla tradizione di Hitchcock (non citarlo sarebbe impossibile) ovvero niente è mai quello che si evidenzia e le apparenze nascondono sempre altri giochi. All’impasto si aggiunga anche l’intricata tentacolarità del potere e dei suoi perversi derivati. Il quadro/puzzle è pronto per essere decifrato con la suspance e l’azione necessarie, dosate in modo arguto e capace. L’arcano nella frase “Non ci sono più nazioni ma imprese internazionali” fornisce una chiave di lettura alla decadenza dell’organizzazione Onu le cui “aziende” in nome di un capitalismo selvaggio ma silenzioso, immolano ogni forma di democrazia fittizia o conclamata. Kidman e Penn ottimi e credibili (nonostante qualche scivolone melodrammatico nel rapporto tra i rispettivi personaggi) ma decisamente controproducente la durata titanica che fiacca l’attenzione.

 

di Daniela Losini