Lo scrittore friulano Tullio Avoledo con Nero come la notte ha dato vita a un noir “sociale”,in cui viene descritta la mutazione sociale, antropologica, politica, economica di una città immaginaria del nord-est e della sua regione, il Friuli. In Come navi nella notte, uscito per Marsilio lo scorso agosto,il romanzo noir/poliziesco si fa distopico. Siamo in anni di poco successivi alla pandemia che ha lasciato tracce profonde, sia nella psiche dei sopravvissuti che nel sistema-paese. Il protagonista, un ex poliziotto italiano, diventato scrittore di successo in Germania, torna dopo anni in una località balneare del Friuli dove la sua famiglia possedeva una villetta che vorrebbe vendere per chiudere i ponti una volta per tutte con il paese d’origine. Si accorge ben presto che tutto è cambiato: la regione è stata colonizzata economicamente (e non solo) dalla Cina, al punto che il commissario di polizia Feng, cinese, percepisce un’indennità di missione per operare in una “sede disagiata”. L’Italia è ormai una lontana provincia del Celeste Impero.

Marco Ferrari è fortuito testimone del rapimento di uno sconosciuto e del ferimento del suo cane. Una serie di circostanze, più o meno fortuite, lo portano a indagare. Sulla sua strada incontrerà una veterinaria che lo aiuterà nella sua ricerca e molti altri personaggi doppiogiochisti.

Dalla seconda metà in poi il romanzo diventa un spy story e un intrigo internazionale, con tanto di ricerca di un documento che spunta da un lontano passato.

I colpi di scena si susseguono con il classico ribaltamento di ruoli da“amici” e “nemici”, delitti, attentati e retroscena di ogni tipo. L’Eroe e l’Eroina riusciranno a salvarsi, come vuole il canone, a prezzo però di molte altre vite.Il fine lieto non è contemplato, per cui tutti a loro modo riporteranno ferite difficili da rimarginare perché ormai una metaforica pandemia (che non cito per non rovinare la sorpresa) sta dilagando in Europa.

Il piano di lavori straordinari messo in piedi dal governo di emergenza aveva risollevato il paese. E per una volta anche gli ecologisti avevano chiuso un occhio: la riduzione del traffico su ruota era un ottimo obiettivo. Quando di fronte agli effetti collaterali del progetto avevano alzato la testa, i manganelli dei Guardiani della Ricostruzione avevano provveduto a chiudere loro entrambi gli occhi, e la bocca.” (p. 223)

“…Sai, a volte ho l’impressione che siamo tutti della specie dei morti viventi. Pensiono di essere vivi perché siamo tornati a fare le cose di prima. Mangiamo, beviamo, balliamo. Facciamo sesso, quando capita, anche se credo meno rispetto a una volta. Lavoriamo, qualcuno riesce persino a fare carriera approfittando dei posti lasciati liberi ai piani alti. Ma dentro siamo morti.” (p. 224)