Nella redazione di ThrillerMagazine esistono alcuni criteri per dare le famigerate "stellette", da una a cinque, che caratterizzano tutte le recensioni. Ovviamente ogni recensore ha i suoi gusti e il suo metro, ma si cerca in ogni caso di mantenere una certa uniformità nei voti, in modo che a un romanzo che è piaciuto non vengano affibbiate automaticamente cinque stellette. Il massimo dei voti significa che il libro in questione è allo stesso livello di un Ellroy (che prendiamo un po' come pietra di paragone) e che è degno di entrare nel novero della letteratura tout court: letteratura che svela l'umanità, letteratura ben scritta al di là del suo essere etichettata come noir, poliziesca o thriller; letteratura degna di restare nella storia. Letteratura e basta, insomma, e di eccellente qualità.

Bene, questa premessa per dire che il terzo romanzo di Tullio Avoledo, Lo stato dell'unione, non si becca cinque stellette a caso. Questo libro è degno di dare del "tu" al migliore Ellroy e di finire sulle antologie scolastiche. Parla di noi, dell'adesso, e come se non bastasse è anche maledettamente divertente.

La trama è efficacemente rappresentata dal disegno in copertina. C'è un triskelion di freddo metallo - un simbolo celtico - che sovrasta un guazzabuglio confuso, un vortice in cui si possono riconoscere i colori della bandiera italiana. La storia è ambientata in una regione del Nord Est che non viene mai nominata, ma che potrebbe essere benissimo il Friuli. Il protagonista si chiama Alberto Mendini, un pubblicitario di mezza età caduto in disgrazia cui viene affidato un compito apparentemente impossibile: dare il via a una massiccia campagna per il trionfo dell'identità celtica in regione. Dalla sua ha un budget talmente alto da far girare la testa; contro, il fatto che di Celti in quella regione non se ne sia mai vista nemmeno l'ombra.

Hanno così inizio le peripezie di questo pubblicitario, che pian piano si troverà a incontrare astronauti in incognito, leader austriaci oltranzisti, avvenenti studentesse, uscieri comunali con qualche segreto da nascondere e molto altro ancora. Sullo sfondo, l'avvento lento e inesorabile di una cospirazione nemmeno troppo mascherata, né per il lettore (che può intuirla già dalle prime pagine o leggendo le ante della copertina) né per Mendini, e che tuttavia colpisce come un violento cazzotto allo stomaco. La domanda angosciante che serpeggia per tutto il romanzo non infatti è "quale sarà il mistero di questa cospirazione?", bensì "com'è possibile che questa cosa stia accadendo? perché nessuno fa qualcosa?".

E a pensarci bene queste sono le domande di fondo di ogni noir che si rispetti, anche se Lo stato dell'unione, come i precedenti L'elenco telefonico di Atlantide e Mare di Bering dello stesso autore, non sono facilmente classificabili. Sicuramente è un thriller che parla di una situazione talmente vicina a noi - e non è difficile cogliere i riferimenti all'identità celtica - da risultare affascinante e al tempo stesso preoccupante. Non mancano alcune pennellate di fantastico, appena accennate, che danno una nota tutta particolare al romanzo senza per questo renderlo meno realistico, anzi.

Avoledo ci regala una grande storia capace di descrivere l'Italia come un orribile specchio distorto in cui finiamo per riconoscere, inevitabilmente, noi stessi e i tratti della nostra insensatezza. Un romanzo feroce, ironico, popolato di personaggi indimenticabili, con dialoghi che non fanno rimpiangere le sue prove precedenti e, finalmente, con un finale degno di questo nome (cosa che invece negli altri due romanzi latitava un po'). Anzi, il montaggio delle scene - per mutuare un termine dalla cinematografia - è uno degli aspetti migliori di questo libro, capace di avvolgere il lettore in una spirale ipnotica e costringerlo a danzare in punta di pagina, dalla prima all'ultima, ininterrottamente.

Lo stato dell'unione è insomma il romanzo della maturità. Del suo autore e anche, si spera, dei suoi lettori, spingendoli a ragionare sul senso del titolo: che forse non sta solo per "lo stato unito" ma anche per "la condizione in cui si trova l'unità". L'unità d'Italia e degli italiani, magari.