“Nel paese la situazione precipita” ha scritto Emilio Barbarani, nel suo libro La via dei topi, sottotitolo Sulle tracce dei nazisti in Argentina, edito da Ianieri “La repressione si fa pesante. Spietata. E’ iniziata una guerra sporca. Molto sporca. E’ la lista dei desaparecidos, tra cui tanti italiani, si allunga sempre di più.”

La copertina definisce “La via dei topi” romanzo storico, ma lo è? Quanto, invece, non si tratta di un romanzo autobiografico, anche se, certo, si nutre di storia, quella più recente della dittatura dei generali in Argentina, e quella più lontana della cosiddetta, appunto, “via dei topi”, quella attraverso la quale i nazisti, attraverso la Chiesa e le loro organizzazioni, trovavano riparo in paesi amici, come la Spagna di Franco o, appunto, l’Argentina, quasi sempre, per i suoi regimi autoritari e populisti, di manica larga con gli esponenti del Terzo Reich? Più certo è che il protagonista della storia, narrata in prima persona, è l’autore stesso, Emilio Barbarani, con alle spalle una lunga e onorata carriera diplomatica che lo ha visto da console a Buenos Aires nel lontano 1973 ad ambasciatore in varie capitali importanti, da Santiago del Cile a Lisbona, dove chiuderà la sua carriera, ricchissima di avventure che sono diventate il soggetto della sua nuova vita, quella di scrittore.

“La via dei topi” è il suo secondo libro dopo il successo del primo “Chi ha paura di Lumi Videla?”, edito da Mursia, Premio speciale internazionale Flaiano di narrativa, dove ha raccontato quando, come primo segretario d’ambasciata a Santiago del Cile, si trovò alle prese con il cadavere di Lumi Videla, una esponente del Mir, il movimento rivoluzionario di sinistra cileno, gettato da qualcuno oltre il muro dell’ambasciata italiana, in quel momento luogo di ricovero e di fuga degli oppositori del regime di Pinochet, con l’intento di discreditare la nostra ambasciata che, raccogliendo gli oppositori, si poneva contro il governo del paese. Ed è interessante notare a riguardo che Emilio Barbarani, giovane allora, atletico, esperto di armi, buon tiratore, fu chiamato a Santiago del Cile proprio da Buenos Aires dov’era console, per le sue capacità di districarsi in situazioni estreme come quella raccontata, appunto, ne “La via dei topi”, in un’atmosfera da incubo che Barbarani ben descrive.

Ora non so quanto, a parte il proprio, siano veri i nomi degli altri personaggi, sia dei colleghi diplomatici d’allora di Barbarani, dal console generale d’Italia all’ambasciatore, così come della stessa segretaria dell’ambasciatore con la quale l’autore rivela una relazione sentimentale, così come, anche, del suo sottoposto che, all’oscuro di tutti, nascondeva i ricercati dai militari argentini, negli scantinati del consolato italiano. Ma certamente, al pari del proprio, erano veri i nomi di alcuni noti personaggi con i quali Barbarani s’incontra in quel periodo, come il capo della P2, Licio Gelli e l’agente del Sid, il servizio segreto italiano d’allora, Guido Giannettini, che cercano a loro volta di incastrarlo, con l’intento di farlo entrare nella chiacchierata Loggia massonica, col fine di sottometterlo e, magari, poi ricattarlo per farne uno strumento nelle loro mani.

Ma sia romanzo o, più probabilmente, non fiction, il risultato de “La via dei topi” è quello di una storia avvincente, ricca di colpi di scena, scritta con uno spessore letterario non disgiunto però, per ciò che racconta, da quella dell’uomo d’azione vero e proprio che è Barbarani, tanto da trovarsi ben presto impegnato in una caccia ai nazisti in una spedizione tra i monti del lago Argentino, con un italiano, chiamato “l’Ufficiale”, ricercato dalla polizia argentina e un agente del Mossad, il servizio segreto israeliano, sotto copertura. Ma non sarà una spedizione facile, anche perché, tra i componenti, sono stati infiltrati personaggi fedeli ai militari. Il libro racconta soprattutto questa parte di storia, fino agli incontri con alcuni gerarchi nazisti sopravvissuti che vivono in comunità autogestite, in sorprendente stile tipico bavarese, tra i monti ai confini con il Cile. Quindi, il ritorno, tutt’altro che rassicurante, a Buenos Aires, dove i militari non aspettano altro che il ritorno di Barbarani per poter arrestare “l’Ufficiale”, tra l’altro vecchio amico di famiglia del console e che lui cercherà in tutti i modi di portare in salvo.