L’ultima azione è stata la partecipazione al commando di killer che avrebbe ucciso in un hotel di Belgrado il serbo Željko Ražnatović, più conosciuto col nome di comandante Arkan. Ma tutto è cominciato anni prima, quando viene chiamato per il suo primo incarico: l’uccisione di un triplo giochista siriano diventato pericoloso per la sicurezza del Paese. Quindi, a periodi distanziati, altri incarichi del genere, con squadre preposte a risolvere problemi complicati. Sono, nel gergo dei Servizi Segreti, i cosiddetti “risolutori”, soldati arruolati che nel corso della loro vita fanno altri lavori, sono i corpi dormienti, che al bisogno vengono richiamati.

Ebbene uno di questi è uno scrittore, artista e critico d’arte molto noto, Gian Ruggero Manzoni, pronipote del sommo Alessandro, nipote dell’artista Piero Manzoni, operatore culturale, organizzatore di mostre: l’ultima è in corso a Pescara da sabato 11 maggio presso il Museo delle Genti d’Abruzzo la mostra itinerante da lui curata “Infinite Dynamics” di Maurizio Gabbana.

Lo apprendiamo leggendo il romanzo “Il risolutore” di Pier Paolo Giannubilo, edito da Rizzoli, che potremmo assimilare per tipo di impianto, ma con connotati del tutto personali e non meno ammirevoli, al “Limonov” di Emmanuel Carrère.

Tutto comincia nei lontani anni Settanta. Gian Ruggero Manzoni era studente al Dams, amico del futuro scrittore Vittorio Tondelli, poi stroncato dall’AIDS, e di Andrea Pazienza, il futuro grande disegnatore, morto per una fatale, ennesima overdose. Gian Ruggero partecipava alle manifestazioni politiche del tempo e, per una delle solite imprevedibili casualità, venne fermato dai carabinieri con addosso una Walter P38, per cui fu arrestato, processato sommariamente e carcerato. A quel punto intervenne l’aiuto paterno, il conte Giovanni Manzoni, che riuscì a intercedere presso chi di dovere cambiandogli destino. Dal carcere fu mandato a Brindisi, arruolato nel Battaglione San Marco, dove venne duramente addestrato e, dopo vari test, dei quali lo stesso Ruggero non conosceva bene la finalità (per esercitazione, ad esempio, fu rinchiuso in una cella senza finestra nella fare anche i suoi bisogni sul nudo pavimento; doveva resistere lì per 7 giorni, lui riuscì a farne cinque, uscendone sporco, puzzolente, affamato: venne a sapere che era stato uno dei più duri, gli altri solitamente mollavano dopo due giorni). Al termine delle varie esercitazioni il suo destino di agente operativo sotto copertura era stato deciso. Avevano visto in lui la tempra del Risolutore. Né poteva rifiutare per il conto con la giustizia che aveva aperto. Tornò a casa in Romagna, dove vive tuttora, scrittura (pubblicò con Feltrinelli “Pesta duro e vai tranquillo”), grafica, pittura, si reiscrisse al Dams senza però più frequentarlo, le morti degli amici Tondelli e Pazienza, l’apertura con la madre Enrica di un locale punk alternativo chiamato “Il pipistrello”, finché arrivò la prima telefonata del Sismi. Convocazione a Roma, una pistola in dotazione, un trasferimento: l’obiettivo era l’agente siriano. Gli ricordarono: non guardarlo negli occhi, sparagli come se fosse un sacco, un maiale. E così fu. Tornò a casa, ma tutt’altro che tranquillo. E alla lunga, chiamata dopo chiamata, anche se non erano poi così frequenti, Ruggero, si ritrovò con la coscienza tra tormenti e paura e l’obbligo di obbedienza (nel frattempo era avanzato di grado e diventato capo squadra) si ritrovò a dover affrontare diverse complicazioni psicosomatiche che gli colpivano gli intestini, lo stomaco, il cuore, la pressione.

Giannubilo, che ha raccolto il materiale dalla voce stessa, un vero e proprio outing, di Pier Ruggero Manzoni, vivendo con lui per tre giorni e tre notti, registrando con un video la lunga confessione, ha saputo ricostruire con grande sapienza narrativa il materiale davvero incandescente che gli ha fornito il protagonista. La cui vita estrema non riguarda solo quella di agente sotto copertura (eccezionale, grazie a Giannubilo, il racconto dell’operazione che portò Ruggero a capo di un commando italiano in Bosnia, dove lui venne ferito gravemente – lo salvo la sua mole – e dove con una raffica di mitra uccise un croato che stava violentando una minorenne serba), ma anche la sua movimentatissima vita sentimentale che gli hanno visto accanto donne fatali e pericolose (sposando e avendone l’amata figlia Noemi da una di queste), e poi prostitute e risse conseguenti. Non a caso il libro è tra i 12 finalisti allo Strega. Un libro che si legge d’un fiato, di grande impatto emotivo, e non solo per chi, come me, conosce Gian Ruggero Manzoni e gli è amico da tanti anni e lo ammira come scrittore e artista, senza immaginare la sua seconda vita, ma anche per chi di lui non ha mai saputo nulla.