Scrivere, raccontare storie “vivendo” l’esperienza del narratore per davvero, significa anche accettare delle sfida. Vuol dire seguire a volte impulsi e suggestioni anche un po’ diversi (non contrastanti) con quello che si fa di solito e sembra “garantito”. Credo sia l’unico modo per migliorare e tenere via l’attenzione dei lettori.

Già per quel che riguarda temi e modi nella serie del Professionista abbiamo parlato di questo concetto che si è dimostrato vincente, superando la vecchia regola che vorrebbe i serial composti di episodi tutti uguali uno all’altro. Ma a volte occorre spingersi un po’ più in là.

Così è stato nella mia esperienza con il thriller, che data già da qualche anno ma che si concretizza solo ora con l’uscita de Il palazzo dalle cinque porte ne Il Giallo Mondadori (n. 3100, questo mese in edicola).

         

Già molti sanno della mia passione per il “thrilling” italiano anni ’70 e gli sceneggiati di Giallo e Mistero (tra i quali ricordo soprattutto quelli scritti e adattati da Biagio Proietti, amico e collega ma soprattutto Maestro) della mia adolescenza. In effetti un po’ per la rivista Confidenze, un po’ sul Giallo (Donna con viso di pantera) in Giallo24 mi sono cimentato in quella che è la mia versione dell’Italian Giallo. Racconti di varia lunghezza e complessità che sono stati un’ottima palestra per affrontare un filone che pur conservando la sacra regola del ritmo, della narrativa avvincente si discosta dall’azione hard core dei miei romanzi di spionaggio e d’avventura.

La sfida era e riuscire a mantenere la presa al collo del lettore ma con espedienti e personaggi differenti dal solito. Il palazzo dalle cinque porte è un romanzo di lunga gestazione, concepito quasi sette anni fa, realizzato tra il 2008 e il 2009 che vede la luce alla fine dopo una mia severa revisione in vista dell’inserimento nel Giallo. Nella prima versione era più lungo e indulgeva in numerosi passaggi forse giustificati alla luce di un’opera da libreria ma che sarebbero risultati ridondanti nel giallo, che richiede sempre una struttura agile e un ritmo veloce. Tutto questo però senza rinunciare all’atmosfera, alla suspense che sono le vere caratteristiche distintive del romanzo.

C’è il mistero, il colpevole da smascherare, i delitti. Ma è nell’impianto generale che non può prescindere dall’ambientazione veneziana, dalle suggestioni esoteriche (benché mai sovrannaturali... tutto ha una spiegazione logica) che Il palazzo delle cinque porte gioca le sue carte.

       

Qualche parola sul protagonista che non è (almeno nelle intenzioni... mai dire mai) un eroe seriale. Ovviamente ha qualcosa di me ma non poteva essere troppo simile al Professionista, come altri miei protagonisti d’azione. Per dirla tutta nei thriller che ho scritto sino a ora ho sempre avuto protagoniste femminili ma, dovendo affrontare un romanzo, anche piuttosto corposo, mi sono trovato più a mio agio con un carattere maschile.

Sebastiano “Bas” Salieri è, fondamentalmente, uno studioso, un uomo di spettacolo, ma anche uno smascheratore di falsi maghi. Se l’aspetto e i modi sono (concedetemelo) un po’ ispirati ad Arsène Lupin e c’è in lui una vena nascosta di violenza. In tutta la storia affiorano ricordi di guerre in paesi lontani, esperienze violente. Non è un mercenario o un eroe hard-boiled però s’intuisce (qui sta il trucco) un uomo che alle spalle ha un vissuto non certo facile.

Non mi sono mai piaciute le formule del “poveraccio trascinato suo malgrado in un incubo da cui emerge dotato di improvvise capacità di sopravvivenza”. Alla fine l’eroe improbabile non fa per me. Bas Salieri è un uomo di cultura, un bon vivant esattamente come il Professionista. Semplicemente la vita che si è scelto (quella attuale perché dal suo passato emergono anche ricordi di azione e violenza) lo porta ad agire in maniera più sottile. Di certo non è passivo di fronte al complotto che lo aspetta a Venezia.

Il resto lo scoprirete leggendo il romanzo ma forse è sufficiente notare il piglio con cui affronta le situazioni, l’energia con cui scavalca quel muro di cinta quando pensa che la sua amica stia correndo un pericolo mortale per sgombrare il campo dall’idea che sia un poveretto trascinato in un gioco più grande di lui.

Per qui, signori, il gioco è estremamente pericoloso.