Diverso tempo prima che Chance Renard diventasse Il Professionista già la sua mitologia si andava formando nel mio universo fantastico. Abbiamo parlato dell’Oriente, della Corsica e dei suoi banditi con le leggende, i riferimenti cinematografici e narrativi.

A metà degli anni ’80 scrissi un racconto di una trentina di pagine che aveva per protagonista questo sicario dell’Unione Corsa, il Luparo, unico sopravvissuto allo sterminio della sua famiglia che si faceva rifare la faccia e tornava a prendersi la sua vendetta. Era una storia avventurosa che mi spiaceva lasciare relegata nelle poche decine di pagine di un racconto. In seguito ne scrissi un romanzo più e più volte letto e revisionato, opera forse ancora giovanile e, nella sua prima strutturazione, forse immatura. Il titolo doveva essere Faccia di pietra ma quando uscì negli Oscar Originals nel 1993 (dopo diversi altri romanzi già pubblicati) venne intitolato Pista cieca e così rimase anche nella versione che considero definitiva, riproposta alla fine di quel decennio in uno speciale di Segretissimo.

       

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