Da qualche parte devo avere scritto, parafrasando Kennedy, «Non chiedere cosa può fare James Bond per te, ma cosa tu puoi fare per James Bond.» Questo perché 007 non solo mi ha fatto imparare un paio di cose importanti della vita quando avevo da poco compiuto sei anni e mi ha fornito elementi preziosi per il mio lavoro di scrittore, ma a un certo punto della mia vita mi ha persino dato da mangiare.

              

Ho scoperto James Bond nell'autunno del 1970, insieme a Hitchcock, Diabolik, gli spaghetti-western e Salgari... insomma, buona parte delle basi della mia futura attività di narratore. Il primo incontro fu casualmente proprio con il primo film, Agente 007 Licenza di uccidere, al cinema Atlas di Milano. Rivelazione. C'erano una straordinaria colonna sonora, ambientazioni esotiche, Sean Connery che sparava ai cattivi e mille altre cose. Tra cui – dettaglio non trascurabile – Ursula Andress, che pure alla lunga è stata scalzata dal piedistallo di mia Bond-girl preferita degli anni Sessanta da Daniela Bianchi e Luciana Paluzzi.

Ma, leggendo attentamente i titoli di testa di Licenza di uccidere, ho scoperto che dietro ai film di 007 c'erano i libri di 007, scritti da tale Ian Fleming, un nome che assunse subito una valenza mitica. L'uomo che era riuscito a concepire un simile personaggio era di sicuro un modello esistenziale. Tant'è che, più che sognare di essere da grande James Bond, pensai subito che fosse più conveniente sognare di diventare Ian Fleming. Almeno in parte, ci sarei persino riuscito.

              

Poi, negli anni Ottanta, apparvero nuovi libri. I romanzi di John Gardner, che spesso recuperavo in lingua originale, diventarono un nuovo appuntamento pressoché annuale. Recuperarli divenne più facile quando la serie cominciò a uscire in Segretissimo, che già negli anni Sessanta-Settanta aveva ospitato i romanzi dello stesso autore sull'ironico personaggio soprannominato Il Liquidatore. A metà anni Novanta, a sorpresa la mia vita intersecò il percorso di James Bond: diventai il traduttore di buona parte dei titoli della serie per Segretissimo, tra cui gli ultimi due romanzi originali di Gardner; di questi Missione Cold [n. 1336], che l'autore scrisse in un periodo di malattia che lo indusse a lasciare la serie, si rivelò decisamente imbarazzante.

Le cose cambiarono con il suo successore, Raymond Benson, grande esperto del mondo di James Bond. Era stato scelto per la sua capacità di affrontare il personaggio con lo stesso atteggiamento dell'autore originale, anche se dall'alto giungeva l'ordine di avvicinare la serie di romanzi – che proseguiva una continuity ininterrotta dai tempi di Fleming – a quella cinematografica, anche con l'inserimento di M così come veniva interpretata da Judi Dench. Nel suo ricondurre Bond al modello di Fleming, Benson riuscì con i suoi libri scritti fra il 1997 e il 2002 ad anticipare di diversi anni il nuovo corso rappresentato al cinema dalla serie con Daniel Craig. Nel 1997 contattai Benson per un'intervista e fu l'inizio di un'amicizia che dura tuttora, e che ogni tanto mi ha portato a essere editore e/o traduttore italiano anche dei suoi ottimi thriller non bondiani.

         

Nel corso degli anni ho messo a segno qualche piccolo scoop legato a James Bond: nel 1998 ho pubblicato su G-La rivista del giallo la prima edizione integrale – al mondo – de La morte viene dal passato di Benson, racconto lungo con 007 scritto per Playboy ma uscito solo in una versione tagliata; in inglese è apparso solo un decennio più tardi. Nel 2000 su M-Rivista del mistero ho pubblicato un altro racconto lungo con 007 scritto da Benson per Playboy, Morte in una notte di mezza estate, accompagnandolo con un racconto dello stesso Fleming: 007 a New York, di cui anche in Inghilterra tutti si erano clamorosamente dimenticati, perché apparso come inserto narrativo in un libro di viaggi del romanziere britannico, Thrilling Cities; di fatto solo nel 2008 la short story è stata inserita nella raccolta completa dei racconti di Fleming edita da Penguin Books.

A riscoprire il testo «perduto» eravamo stati Edward Coffrini Dell'Orto e io, che nel 1999 avevamo fondato lo 007 Admiral Club e cominciato a scrivere vari libri sul fenomeno James Bond: Mondo Bond. James Bond 007-50 anni di un mito, Mondo Bond 2007 e Mito Bond-Il nuovo cinema di 007. Nel 2004 diventai anche editore di James Bond, ripubblicando presso Alacrán Edizioni cinque degli ormai introvabili romanzi originali di Benson già editi da Segretissimo, oltre a due volumi di non-fiction di Ian Fleming: Thrilling Cities, ancora inedito in Italia, e il libro-inchiesta Il traffico di diamanti. Purtroppo certe «scelte di marketing» avrebbero non solo interrotto il mio lavoro su Bond, ma anche portato al fallimento dell'editore. Tuttavia, stando agli ultimi dati di vendita che potei vedere prima di esserne messo alla porta nel 2008, tre romanzi di James Bond figuravano tra i dieci libri più venduti della casa editrice. Se ne traggono due lezioni: che non sempre è saggio far gestire l'editoria e gente che non ne capisce nulla; e che l'agente 007, quando i romanzi sono scritti bene e tradotti bene, gode ancora di ottima salute presso i lettori.